La Corte dei conti risolve i dubbi interpretativi sulle società a prevalente capitale pubblico frazionato 

Corte dei conti, sezione di controllo per la Liguria, deliberazione n. 3 del 18 gennaio 2018 – Presidente Viola, relatore Centrone

A margine

Per superare le difficoltà interpretative recate dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e garantirne una corretta applicazione, un ente locale chiede alla Corte di chiarire la distinzione tra società “a partecipazione pubblica in misura maggioritaria” e società “a controllo pubblico”.

Nella realtà quotidiana esistono, infatti, società partecipate in via maggioritaria da più amministrazioni pubbliche per le quali non si rinvengono i presupposti identificativi delle “società a controllo pubblico”.

Si tratta di quelle società in cui: a) la maggioranza del capitale sociale è in mano pubblica; b) nessun socio, singolarmente, ha il controllo della società ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e c) non esistono patti parasociali, né norme, che permettano ai soci pubblici di conseguire l’unanimità nelle decisioni.

In questi casi appare opportuno domandarsi se sia corretto ritenere tali entità quali mere società a partecipazione pubblica, con conseguente inapplicabilità delle disposizioni più stringenti previste dal testo unico per le società a controllo pubblico (come, ad esempio, quelle sulla composizione degli organi amministrativi e di controllo e in materia di personale dipendente).

La Corte sottolinea che il d.lgs. n. 175 del 2016 considera “società a controllo pubblico” quelle in cui “una o più amministrazioni pubbliche” esercitano poteri di controllo:

a) nella situazione descritta nell’art. 2359 del codice civile, ovvero quando:

– dispongono della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

– dispongono di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

– la società è sotto influenza dominante di altra società/ente pubblico/soggetto giuridico in virtù di particolari vincoli contrattuali, oppure

b) anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale, è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo.

In questo contesto la Corte mette in evidenza che, nel definire le società a controllo pubblico, rispetto all’ordinaria definizione contenuta nell’art. 2359 del codice civile, le norme del testo unico mutano la prospettiva per l’esame della sussistenza dei requisiti che si sposta dal socio controllante alla società controllata.

Da un lato, infatti, l’art. 2359 CC, considera “società controllate” quelle in cui “un’altra” società dispone dei voti o dei poteri indicati ai numeri 1), 2) e 3) della medesima disposizione, dall’altro, il combinato disposto delle lettere b) ed m) dell’art. 2 del TUSP qualifica come “società a controllo pubblico” quelle in cui “una o più” amministrazioni dispongono dei voti o dei poteri indicati nel codice civile (a cui si aggiunge la fattispecie del controllo avente fonte in norme di legge, statutarie o di patti parasociali per le decisioni sociali strategiche, per cui è richiesto il consenso unanime di tutti i soci).

Questa lettura risulta funzionale all’obiettivo del legislatore di assoggettare le società a controllo pubblico a disposizioni più stringenti rispetto a quelle rivolte agli organismi a mera partecipazione. Inoltre evita che le società a capitale pubblico frazionato (ricorrenti nell’ambito dell’espletamento dei servizi pubblici locali) possano strumentalmente sottrarsi all’applicazione delle disposizioni dettate nei confronti delle sole “società a controllo pubblico”, eccependo l’assenza di norme di legge, statutarie o di patti di sindacato fra i soci pubblici esplicitanti e delimitanti le modalità di esercizio del controllo.

Di analogo avviso è anche la Sezione delle autonomie che, con deliberazione n. 27/2017/FRG, ha ricordato che le “società a controllo pubblico” sono quelle in relazione alle quali “una o più amministrazioni pubbliche” esercitano poteri di controllo, sottolineando come si tratti di definizione particolarmente rilevante, in quanto la maggior parte delle deroghe alla disciplina di diritto comune presenti nel d.lgs. n. 175 del 2016 riguardano tale tipologia di società

Inoltre, in questa stessa direzione si è mossa anche l’Autorità nazionale anticorruzione la quale, in sede di aggiornamento delle linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati da pubbliche amministrazioni (deliberazione n. 1134-2017), ha precisato che rientrano fra le società a controllo pubblico anche quelle a controllo congiunto, ossia le società in cui il controllo, ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, è esercitato da una pluralità di amministrazioni.

Stefania Fabris


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