La disciplina europea in materia di diritto di difesa, giusto processo e di effettività della tutela sostanziale osta all’applicazione della normativa interna sul rito super accelerato sui provvedimenti di ammissione ed esclusione dei concorrenti in corso di gara ?

Tar Piemonte, Torino, sez. I, ordinanza 17 gennaio 2018, n. 88, Presidente Giordano, Estensore Bini

A margine

Il fatto – All’esito di una procedura di gara per l’aggiudicazione di un servizio di assistenza domiciliare, la ditta seconda classificata impugna davanti il Tar gli atti lamentando la mancata esclusione dell’aggiudicataria, per l’assenza in capo alle mandanti dei requisiti di partecipazione.

Il ricorso è tuttavia proposto una volta intervenuta l’aggiudicazione, seppure la stazione appaltante avesse regolarmente comunicato alle ditte partecipanti l’atto di ammissione dei concorrenti, come previsto dall’art 29, d. lgs. 50/2016.

Pertanto, con sentenza n. 1192 del 13 novembre 2017, il Tar rileva che l’applicazione del c.d. rito super accelerato in materia di appalti, dovrebbe condurre alla declaratoria di irricevibilità del ricorso per tardività nella proposizione decidendo, tuttavia, di sospendere il giudizio e di rinviare la questione, con apposita ordinanza, alla Corte di giustizia.

La sentenza – Il Tar ricorda che gli artt. 29 del Codice dei contratti e 120 comma 2 bis del c.p.a. (come modificato dall’art 204 d. lgs. 50/2016) hanno previsto il c.d. rito super accelerato, avverso gli atti di ammissione ed esclusione dei concorrenti dalla gara di appalto in base a cui, la ditta partecipante ad una gara, che vuole contestare l’ammissione di un altro partecipante, deve proporre ricorso entro 30 giorni dalla comunicazione ex art 29 d.lgs. 50/2016.

L’intento della norma è quello di definire prontamente la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte, creando un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda».

Una volta che il provvedimento di aggiudicazione intervenga in corso di causa, questo deve essere necessariamente impugnato con ricorso autonomo o con motivi aggiunti, in entrambi i casi con duplicazione degli oneri contributivi.

Ravvisa però il Collegio alcuni profili di criticità dell’attuale sistema, anche alla luce degli orientamenti interpretativi fino ad oggi intervenuti.

Si può infatti prospettare l’ipotesi in cui sia censurata l’ammissione/mancata esclusione di una ditta partecipante che, tuttavia, conclusa la gara, potrebbe non essere risultata aggiudicataria; così come la stessa ricorrente potrebbe, a conclusione del procedimento, porsi in una posizione tale da non avere alcun interesse a contestare l’aggiudicazione.

In tale ipotesi si impone ad un soggetto partecipante alla gara un onere “inutile” al fine dell’interesse finale perseguito da chi partecipa, cioè l’aggiudicazione dell’appalto.

Quanto sopra malgrado il principio di efficacia di tutela di cui all’art. 1 della Dir. 89/665/CEE e smi presupponga che l’azione giudiziaria vada intrapresa nell’ottica di tutelare il bene della vita costituito, nel caso in esame, dall’aggiudicazione della gara stessa.

Ne consegue che il principio di effettività sostanziale non può dirsi rispettato quando la possibilità di contestare le decisioni delle amministrazioni giudicatrici sia affidata all’iniziativa di soggetti che non hanno alcuna garanzia di poter ricavare vantaggi materiali dal favorevole esito della controversia.

Le norme censurate hanno pertanto introdotto una tipologia di contenzioso, contrario ai principi comunitari, che forgiano il diritto di azione come diritto del solo soggetto titolare di un interesse attuale e concreto.

Infatti, nel diritto interno, il concorrente obbligato a proporre il giudizio “superaccelerato” non solo non ha un interesse concreto ed attuale ad una pronuncia dell’autorità giudiziaria, ma subisce anche un danno dall’applicazione dell’art. 120 c. 2bis c.p.a., non solo con riferimento agli esborsi economici ingentissimi collegati alla proposizione di plurimi ricorsi avverso l’ammissione di tutti i concorrenti alla gara (in un numero potenzialmente molto elevato), ma anche per la potenziale compromissione della propria posizione agli occhi della Commissione di gara della S.A., destinataria dei plurimi ricorsi, che è chiamata nelle more del giudizio a valutare l’offerta tecnica del ricorrente; e per le nefaste conseguenze in merito al rating d’impresa disciplinato dall’art. 83 del d.lgs. 50/2016, che individua come parametro di giudizio (negativo) l’incidenza dei contenziosi attivati dall’operatore economico nelle gare d’appalto.

In tale quadro, che si prospetta potenzialmente idoneo a dissuadere i concorrenti da iniziative processuali anticipate rispetto al verificarsi della lesione concreta, sembrano trovare fondamento le critiche sollevate da parte della dottrina che ha attribuito alla novella legislativa l’intendimento di ridurre le facoltà di difesa e, al contempo, le occasioni di sindacato del giudice amministrativo sull’esito delle gare pubbliche.

Conclusioni – Pertanto il Collegio ritiene di sottoporre all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i due seguenti quesiti:

1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE e smi, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;

2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE e smi, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato.

 


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