In tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune, l’Agenzia delle entrate … ha l’obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo previsto … anche nei confronti delle società “in house”, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale

Corte di Cassazione, sentenza n. 25899 del 31 ottobre 2017, presidente Cappabianca, relatore Tricomi

In forza dell’art. 1, co. 2, del D.L. n. 10/2007, attuativo della decisione della Commissione Europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, l’Agenzia delle entrate provvedeva al recupero, nei confronti di una società per azioni a capitale pubblico, delle imposte sul reddito non corrisposte nella vigenza del regime di esenzione previsto dalla c.d. moratoria fiscale (di cui alla D.Lgs. n. 549/1995; al dl n. 331/1993), regime in seguito qualificato quale aiuto di Stato illegittimo perché lesivo del principio della libera concorrenza di mercato.

In fase di appello, il giudice considerava legittime le ingiunzioni di pagamento non ritenendo dirimente la circostanza che l’intero capitale sociale (e non solo la maggioranza) della società fosse in mano pubblica, ma quella concernente le condizioni del mercato in cui si esplicava l’attività della medesima.

Nel giudizio per Cassazione, la società, costituita ai sensi dell’art. 22, co. 3, lett. e) della L. n. 142/1990 per la somministrazione al pubblico di acqua, gas e luce elettrica, da un Comune (titolare del 51% del capitale) e da un’Azienda Municipale (titolare del 49%), persiste nel denunciare la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1 del D.L. n. 10/2007 e dell’art. 27 della L. n. 62/2005, di adeguamento alla decisione 2003/193/CE della Commissione europea.

La ricorrente sostiene, in particolare, che la Commissione tributaria regionale avrebbe erroneamente esteso l’applicazione della normativa in parola anche alle società possedute in modo totalitario da Enti locali e operanti esclusivamente al servizio di questi. Tali norme dovevano, invece, trovare applicazione nei soli confronti delle società costituite ai sensi della legge n. 142/1990 partecipate anche da soci privati e operanti nel mercato come normali imprese in regime di concorrenza

La sentenza è degna di nota in quanto la suprema Corte ribadisce il principio secondo cui “In tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione Europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, l’Agenzia delle entrate, ai sensi del D.L. n. 10 del 2007, art. 1 conv., con modif., dalla L. n. 46 del 2007, ha l’obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo previsto dal D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993, e dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 70, anche nei confronti delle società “in house”, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale rispetto all’obiettivo di evitare che le imprese pubbliche, beneficiarie del trattamento agevolato, possano concorrere nel mercato delle concessioni dei cd. servizi pubblici locali, che è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria, in condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti.” (Cass. n. 2396/2017).

In altri termini, va escluso che le società in house possano sottrarsi al recupero degli aiuti di Stato giudicati lesivi della concorrenza e incompatibili con il mercato comune.

In questi casi, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha comunque l’obbligo di procedere al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale della società.

La Corte conferma, altresì, che il credito erariale è soggetto al termine ordinario di prescrizione, a salvaguardia sia dell’interesse pubblico sia di quello privato; infatti, secondo il giudici di piazza Cavour “In tema di recupero di aiuti di Stato, il relativo credito erariale è soggetto al termine ordinario di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c., idoneo a garantire sia l’interesse pubblico sotteso all’azione di recupero, sia l’interesse privato ad evitare l’esposizione ad iniziative senza limiti di tempo, non essendo invece applicabile il termine di decadenza quinquennale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, sia perché contrastante con il principio di effettività del diritto comunitario sia perché l’azione di recupero di aiuti di Stato è vicenda giuridica diversa dal potere di accertamento in materia fiscale.” (Cass. n.15414/2015).


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