Con sentenza n. 122/2014, depositata il 26 giugno u.s, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, ha precisato che: “l’art. 108 del D.Lgs. n. 267 del 2000 al comma IV consente il conferimento al Segretario comunale delle funzioni di Direttore Generale ma solo per far fronte a specifiche, e peculiari circostanze ed esigenze di carattere locale, quindi, tale figura manageriale non è sempre necessaria nell’organizzazione di un Ente, in base ad un duplice dato normativo:

 – la soppressione di tale figura manageriale nell’organizzazione amministrativa comunale tranne che negli Enti con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, così come previsto nel D.L. n. 2 del 25 gennaio 2010 convertito nella legge n. 42 del 26 marzo 2010;

– l’espressa previsione normativa recata dall’art. 97, comma 4 del T.U.E.L. secondo cui, in mancanza di nomina del Direttore Generale “Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività.

Pertanto, i richiamati presupposti normativi attribuiscono il potere di nomina del Direttore Generale ma non ne attestano certo il concreto corretto esercizio da parte del titolare e cioè la conformità della scelta operata dalla P.A. alle regole giuridiche di rispondenza all’interesse pubblico, di logicità, adeguatezza, proporzionalità, economicità, efficacia.

L’istituto giuridico della direzione generale degli Enti locali non è uno strumento di mero automatismo, funzionale soltanto all’attribuzione di un incremento salariale al Segretario comunale, viceversa è finalizzato all’incremento dell’efficacia efficienza dell’azione amministrativa.

E’ necessaria l’esistenza di una sostenibile ragione giustificativa della funzione, tanto più incisiva e puntuale quanto più ridotte risultino le dimensioni del Comune in termini di apparato burocratico, di numero di abitanti, di presenza in sede del direttore nominato (…)”


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