La recente pubblicazione del D.L. 50/2017, contenente la manovra correttiva e la progressiva estensione del regime dello split payment alle società partecipate, pone l’esigenza di individuare correttamente, dal 1° luglio 2017, il perimetro applicativo della disposizione attraverso la puntuale identificazione delle società che sono sottoposte al controllo delle regioni, delle province, delle città metropolitane e delle unioni di comuni.
Tale aspetto, tra l’altro, assume anche un rilievo ulteriore, legato all’individuazione delle società di “secondo livello” che, in quanto controllate direttamente o indirettamente dalle società di “primo livello”, risultano pure esse soggette al regime dello split payment nella gestione dell’Iva addebitata nelle fatture passive ricevute.
In effetti, il concetto di “controllo”, avuto riguardo alle società a partecipazione pubblica, non è di per sé determinato in modo assoluto a livello normativo, considerando che a seconda dell’ambito e della materia presa in esame vi possono essere conclusioni difformi anche in funzione del diverso criterio da adottare.
Secondo il D.Lgs. 175/2016 recante il Testo Unico delle Società a partecipazione pubblica, infatti, il controllo pubblico sussiste nella situazione descritta nell’art. 2359 del codice civile ma anche qualora, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo.
Osservando, invece, le Linee Guida ANAC del 2015 (n° 8) emerge anche la circostanza nella quale “il controllo sulla società sia esercitato congiuntamente da una pluralità di amministrazioni, cioè in caso di partecipazione frazionata fra più amministrazioni in grado di determinare una situazione in cui la società sia in mano pubblica”, con un’accezione tendenzialmente più estensiva (tra l’altro, tale indicazione è ripresa nelle più recenti linee guida in consultazione).
Proprio per evitare tali problematiche di individuazione dell’assoggettamento (o meno) qal nuovo regime, che in relazione ad adempimenti fiscali potrebbero produrre anche dei rilevanti effetti sanzionatori, il legislatore (nel D.L. 50/2017) ha ritenuto di chiarire in modo specifico le logiche di controllo da osservare, adottando un’accezione tendenzialmente ristretta e limitata.
Infatti, l’art. 1 del provvedimento evidenzia che rilevano esclusivamente le società direttamente controllate, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n° 1 del codice civile, dalle regioni, province, città metropolitane, comuni e unioni di comuni, ossia le società nelle quali “un’altra società [in questo caso un ente locale] dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria”.
Ciò dovrebbe comportare la conseguente esclusione dallo split payment delle società che pur essendo a maggioranza pubblica (per effetto della sommatoria delle partecipazioni pubbliche) non sono sottoposte al controllo di un singolo ente, nel senso che quest’ultimo non dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Ad evidenza, il descritto quadro di riferimento (con le incertezze che ne conseguono) impone, in termini operativi, alle società pubbliche di effettuare apposite comunicazioni ai fornitori (anche se soggetti a ritenuta alla fonte alla luce dell’ulteriore novità recata proprio dallo stesso D.l. 50/2017) allo scopo di procedere correttamente all’emissione delle fatture per l’attività svolta.
A loro volta, poi, le società che rientrano nel perimetro applicativo saranno chiamate a trattenere l’Iva addebitata dai fornitori ed a procedere al suo inserimento nell’ambito delle liquidazioni periodiche, al fine di verificare sistematicamente la posizione in essere (debitoria, con i conseguenti obblighi di versamento, o creditoria).
Merita sottolineare, in ordine alla descritta evoluzione, che – a fronte degli oneri (anche formali) legati al nuovo adempimento dello split payment – le società controllate dalle pubbliche amministrazioni rientranti all’interno del perimetro applicativo della disposizione potranno ottenere un beneficio di carattere finanziario e di natura transitoria, legato al temporaneo trattenimento dell’Iva che, in precedenza, era pagata direttamente ai diversi fornitori.
Così compensando gli effetti negativi che erano derivati dall’iniziale assoggettamento esclusivamente degli enti locali al regime dello split payment, che aveva determinato a monte, per tali società, una minore disponibilità finanziaria per l’Iva gravante sugli importi fatturati alle amministrazioni controllanti per i contratti di servizio.
Naturalmente, di tale scelta recentemente effettuata dal legislatore dovranno tenere conto altresì gli stessi enti locali controllanti, nel momento in cui procedono ad emettere fatture nei confronti delle partecipate, ad esempio per i canoni di concessione rientranti in regime commerciale.