In parte inammissibili e in parte infondate le censure sollevate dalla Regione Veneto in merito alle disposizioni dell’art. 5, commi da 1 a 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78,relative al trasferimento del personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di polizia provinciale.
Le disposizioni censurate, da inserire nel contesto del processo di riordino degli enti territoriali avviato con
la legge n. 56 del 2014, devono essere ascritte a plurimi titoli alla competenza esclusiva dello Stato e non riguardano, invece, la materia “polizia amministrativa locale” di competenza residuale della Regione.
Corte costituzionale, sentenza 23 novembre 2016 – 9 febbraio 2017, n.32, Pres. Grossi – Red. Modugno
A margine
La Regione Veneto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale di diverse disposizioni del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, contenente norme urgenti per gli enti locali.
La Consulta, con la sentenza annotata, ha limitato il suo giudizio alle questioni relative all’art. 5, commi da 1 a 6, del richiamato decreto-legge, rinviando ad altre decisioni le restanti eccezioni.
Le disposizioni scrutinate prevedono:
a) il passaggio del personale della polizia e dei servizi provinciali nei ruoli degli enti locali, con decisione degli enti di area vasta, delle città metropolitane e delle stesse Regioni per ciò che riguarda l’individuazione dei dipendenti che, di volta in volta, sono necessari allo svolgimento delle proprie funzioni (commi 1-4);
b) il transito del personale nei limiti della relativa dotazione organica e della programmazione triennale, ma in deroga ai vigenti divieti in tema di assunzioni (comma 5);
c) il divieto per gli enti locali, sino a quando non sia completamente assorbito il personale di polizia provinciale, di reclutarne altro per lo svolgimento di funzioni di polizia locale (comma 6).
La Consulta, in sintesi, ha dichiarato inammissibile la censura di violazione del principio di leale collaborazione, di cui all’art. 120 della Costituzione, e infondate le questioni sulla violazione della competenza residuale regionale, in quanto la materia è ascrivibile a vario titolo alla competenza esclusiva statale e non è riconducibile alla «polizia amministrativa locale» di competenza residuale della Regione ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.
Leale collaborazione. A giudizio della Regione, le disposizioni censurate violerebbero il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 della Costituzione, percè adottate in contrasto con quanto previsto nell’accordo tra Stato e Regioni sancito in sede di Conferenza unificata l’11 settembre 2014.
La questione è stata dichiarata inammissibile, in quanto non adeguatamente motivata. Per la Consulta, infatti, la Regione, dopo avere sostenuto che le disposizioni impugnate debbono ricondursi alla materia «polizia amministrativa locale», si limita ad affermare, in modo apodittico, che le disposizioni impugnate riducono la funzione di allocazione costituzionalmente garantita alle Regioni «ad un ruolo ancillare il cui spazio di manovra e’ praticamente inesistente», ma non spiega in modo analitico le ragioni del contrasto con i parametri costituzionali ritenuti violati. Le motivazioni non raggiungono, quindi, quella «soglia minima di chiarezza e di completezza» cui è subordinata l’ammissibilità delle impugnative in via principale (sentenza n. 64 del 2016).
Competenza legislativa – Per la Consulta la competenza esclusiva a legiferare in questo ambito spetta allo Stato a plurimi titoli.
Primo. Il trasferimento del personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di polizia provinciale, innanzitutto, non è riconducibile alla materia «polizia amministrativa locale», che è di competenza residuale regionale, ma deve essere ricondotta a quella «funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane», trattandosi peraltro di intervento che si colloca nel processo di riordino degli enti territoriali avviato con la legge n. 56 del 2014 (sentenze n. 159 e n. 2012 del 2016).
Secondo. L’intervento legislativo rientra, inoltre, nell’ambito della competenza statale tesa a promuovere, «nel settore del pubblico impiego, condizioni che ‹rendono effettivo il diritto al lavoro di cui all’art. 4 Cost.» (sentenze n. 202 del 2016 e n. 388. del 2004), sul quale si fonda la Repubblica italiana (art. 1 Cost.)›. Ciò in quanto l’intervento è diretto a garantire i rapporti di lavoro in essere del personale di polizia provinciale e a preservarne le «competenze professionali che i lavoratori hanno acquisito nel corso degli anni» (sentenza n. 202 del 2016), utili pure presso il nuovo livello di governo cui saranno allocate le relative funzioni.
Terzo. Le medesime disposizioni sono anche riconducibili alla materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015), quali Seleziona un modulo validoquelle regolanti il trasferimento di personale (sentenze n. 50 del 2015 e n. 17 del 2014), ed esulano, quindi dalla competenza residuale regionale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa regionale da limitare ai profili “pubblicistico-organizzativi” dell’impiego pubblico regionale (fra l’altro, sentenze n. 251 del 2016 e n. 149 del 2012).
Quarto. Le disposizioni censurate, inoltre, prevedendo deroghe alle limitazioni vigenti in materia di spese per il personale, introdotte transitoriamente nel contesto del processo di riordino degli enti territoriali avviato con
la legge n. 56 del 2014, per contenere la spesa per il personale, sono qualificabili come principi generali attinenti alla materia «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 117, terzo comma (ex multis, sentenze n. 202 e n. 143 del 2016; n. 218 del 2015).
Giuseppe Panassidi