Il contesto di riferimento

Nell’ambito della  recente, sovrabbondante produzione normativa tesa a promuovere su più fronti la trasparenza dell’azione amministrativa, spicca sicuramente, per quantità e qualità di dati richiesti, ma anche per l’impatto organizzativo sulle amministrazioni, la disposizione introdotta dall’art. 18 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 134.

La disposizione si inserisce in un contesto normativo che, come detto, nel corso degli ultimi anni ha valorizzato in maniera crescente la conoscibilità dei dati e delle informazioni relative alla spesa di denaro pubblico, quale prioritario strumento di accountability nei confronti di un’opinione pubblica sempre più avara di fiducia e consenso nei confronti dell’apparato statale.

In questo percorso, un ruolo fondante ha rivestito sicuramente l’art. 11 del Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 che, come noto, ha introdotto, per la prima volta nel nostro panorama giuridico, il concetto di trasparenza quale “accessibilità totale delle informazioni”, chiaramente ispirato al “freedom of information act” di derivazione nordica e anglosassone.

Più di recente anche la legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) ha introdotto un ulteriore obbligo di ampia portata, prevedendo la necessaria pubblicazione, nei siti web istituzionali, di tutte le informazioni relative ai procedimenti amministrativi, da rendere accessibili agli interessati anche tramite strumenti di identificazione informatica, dei bilanci e i conti consuntivi, dei costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche nonché particolareggiate informazioni relative agli appalti pubblici.

Vi è da sottolineare che caratteristica comune, e qualificante, delle disposizioni più recenti introduttive di obblighi di trasparenza è la previsione dettagliata anche delle modalità tecniche di diffusione, che deve avvenire secondo il paradigma dei cd. open data, ossia in un formato tabellare aperto che consenta l’esportazione, il trattamento e il riuso dei dati.

L’oggetto della pubblicazione   

La norma che qui si commenta obbliga gli enti pubblici e le società in house delle amministrazioni pubbliche (con disposizione tuttavia che, in ogni caso, lascia alcune questioni aperte in merito ad una più precisa definizione dell’ambito soggettivo di applicazione) a pubblicare sul sito istituzionale, all’interno della Sezione trasparenza valutazione e merito, “la concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Molto particolareggiata è l’individuazione della caratteristiche della pubblicazione, che deve precisare, per ognuna delle tipologie indicate:

a) il nome dell’impresa o di altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali;

b) l’importo;

c) la norma o il titolo a base dell’attribuzione;

d) l’ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo;

e) la modalità seguita per l’individuazione del beneficiario;

f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.

Come già precisato, i dati devono essere esposti in formato tabellare aperto, che ne consenta l’esportazione e l’elaborazione (la relazione illustrativa individua il formato idoneo nel cosiddetto “csv”, comma separated value e specifica che i dati devono essere accessibili dai motori di ricerca).

Vi è da dire che, ad una più attenta lettura tesa ad enucleare in maniera puntuale gli atti assoggettati a pubblicazione, la formulazione della norma lascia aperte molte perplessità, che non riescono ad essere fugate neppure dalla lettura delle relazioni tecniche e accompagnatorie.

Parrebbe di poter, in ogni caso, enucleare tre categorie di informazioni, caratterizzate, ciascuna, da uno specifico minimo comune denominatore.

– Concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari alle imprese. Rientra in questa categoria il “mondo” degli aiuti alle imprese, la cui caratteristica è quella, per la maggior parte, di rappresentare erogazioni di denaro pubblico sganciate da un sinallagma contrattuale.

– Attribuzione di corrispettivi e compensi a persone, professionisti, imprese e enti privati. E’ questa sicuramente la previsione di più ampio respiro, ricomprendente una cospicua parte dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, fra i quali, ad esempio,  quelli legati all’attività contrattuale per l’acquisizione di beni, servizi o lavori, ai contratti di locazione e al variegato “mondo” degli incarichi di consulenza (peraltro già soggetti a pubblicazione ai sensi di quanto previsto dalla legge finanziaria per il 1997, n. 662/1996).

– Attribuzione di vantaggi economici di cui all’art. 12 della Legge n. 241/1990.

In questo caso, la disposizione in commento introduce un ulteriore tassello all’obbligo  già previsto dagli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 118/2000, di istituire l’albo dei beneficiari di provvidenze economiche.  Caratteristica anche di questa ipotesi è la presenza di un’erogazione di denaro da parte dell’ente pubblico priva di controprestazione sinallagmatica, rivolta, tuttavia, soltanto a enti pubblici e privati, con esclusione delle persone fisiche.

I profili di applicazione soggettiva

Per quanto riguarda i  destinatari passivi degli obblighi di pubblicazione, l’art. 4 della norma richiama esplicitamente “le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, le aziende speciali e le società in house delle pubbliche amministrazioni”.

Nessun dubbio vi è pertanto per ciò che concerne l’applicabilità delle disposizioni agli enti locali; il legislatore precisa, ad abundantiam, che le disposizioni costituiscono diretta applicazione dei principi  previsti dall’art. 97 della Costituzione, e rientrano pertanto nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2.

Per le regioni ad autonomia speciale (e, in via interpretativa, per le province autonome di Trento e Bolzano [1]), l’adempimento non è escluso ma “deve avvenire secondo le previsioni dei rispettivi statuti”.

A questo proposito, si può richiamare l’articolo 12, commi da 26 a 41, della legge finanziaria della Regione Friuli Venezia Giulia per il 2013 (legge regionale n. 27 del 31 dicembre 2012), attraverso la quale la Regione si conforma appunto alla normativa statale in commento.

Sanzioni e responsabilità

La norma è assistita da un apparato sanzionatorio piuttosto severo. Dal 1° gennaio 2013 la pubblicazione dei dati costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni a imprese, professionisti e consulenti. Inoltre, la mancata diffusione delle informazioni deve essere rilevata d’ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità, ed è rilevabile anche dal destinatario dell’attribuzione e da chiunque altro vi abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno.

Aspetti di protezione dei dati personali

Quanto mai delicato appare il versante del bilanciamento delle esigenze informative poste dalla normativa con il necessario rispetto della protezione dei dati, soprattutto se di natura sensibile (Antonella Frigo, “Sull’open government interviene il Garante sulla privacy“).

Il legislatore, in proposito, si esprime con una disposizione che sembra non lasciare adito a dubbi, precisando, al secondo comma, che l’applicazione degli obblighi richiamati deve avvenire “in deroga ad ogni diversa disposizione di legge o regolamento”.

Parrebbe quindi doversi accantonare ogni riferimento al Codice in materia di protezione dei dati personali, e alle Linee Guida dell’Autorità Garante in materia [2], che, negli anni, hanno sorretto le amministrazioni nella difficile opera di contemporaneo rispetto dei due parimenti fondamentali diritti, all’informazione e alla riservatezza.

In realtà, ancora una volta, è stata l’Authority a fornire un’interpretazione delle disposizioni in grado di garantire il rispetto dei principi fondamentali in materia di protezione dei dati personali.

Rispondendo, infatti, ad alcune aziende sanitarie che chiedevano se fossero obbligate a pubblicare su internet anche i dati dei pazienti che avevano ricevuto indennizzi per danni irreversibili, rimborsi per cure di altissima specializzazione, interventi assistenziali o altri contributi legati a patologie mediche certificate, il Garante ha rammentato il divieto generale di diffusione di dati relativi allo stato di salute, precisando che, alla luce della norma, devono essere pubblicate soltanto le informazioni delle persone fisiche che ricevono “corrispettivi o compensi” dagli enti pubblici, mentre la pubblicità della concessione di sovvenzioni e contributi deve essere limitata a quelle rivolte alle persone giuridiche (imprese, enti, società).

Ha poi, più generalmente, richiamato tutte le amministrazioni al rispetto delle le cautele indicate nelle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web“, approvate  nel 2011.

Serena Bussani*

* Funzionario Università di Trieste, esperta in materia di privacy, e-government e trasparenza amministrativa


[1] Cfr. Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Amministrazioni pubbliche – Civit – delibera n. 35/2012.

[2] Provv. 19 aprile 2007 Linee guida in materia di trattamento dei dati personali per finalità di pubblicazione e di diffusione di atti e documenti di enti locali” ; Provv. 2 marzo 2011 “Linee guida in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web”.

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