Nei concorsi pubblici, per titoli ed esami, per l’accesso alla qualifica di dirigente devono essere effettuate almeno due prove scritte e una prova orale.
Tale modalità di reclutamento dei dirigenti, derogabile solo in favore di criteri più rigidi ed articolati, si applica anche all’ANAC, in quanto soggetto privo di un’autonoma potestà normativa in materia.
Il rispetto delle procedure fissate dal legislatore in materia di concorsi pubblici non incide in alcun modo sugli ambiti di autonomia organizzativa riservate all’Autorità dalla legge, che restano, in ogni caso, impregiudicati. Al contrario, le particolari competenze e le delicate funzioni assegnate all’Autorità comportano la necessità di attenersi ad una ancora più rigida modalità di selezione.
TAR Lazio, Roma, sezione I, 6 febbraio 2017 n. 2013 Presidente ff Correale, Estensore Cicchese
A margine
La vicenda, che trae origine da un bando indetto ancora nel 2008 dall’allora Avcp (ora ANAC) per il reclutamento di dirigenti, si è trascinata per quasi dieci anni nelle aule dei tribunali amministrativi fra ricorsi, appelli, ricorsi incidentali, sentenza per revocazione fino ad arrivare alla nuova decisione del TAR Lazio del 2017 qui annotata.
In breve, il TAR Lazio ha annullato la procedura concorsuale indetta dall’Autorità per l’assunzione di dirigenti di seconda fascia, perché le prove d’esame assegnate ai candidati sono consistite in una prova teorica ed una teorico-pratica da espletarsi a mezzo di un unico colloquio.
Questa modalità è stata giudicata in palese violazione dell’art. 28 del d.lgs. 165/2001 e dell’art. 5 del d.P.R. 272/2004, nel rispetto dei quali il concorso avrebbe dovuto svolgersi sulla base di due esami scritti e di una prova orale.
Stupisce, innanzitutto, che l’Autorità, allora Avcp, a seguito dell’annullamento della prima procedura (CdS sentenza n. 14 del 7 gennaio 2014) abbia rinnovato le operazioni valutative – che casualmente hanno danno gli stessi risultati della procedura annullata – senza eliminare a quanto pare le illegittimità accertate dal giudice amministrativo, originando così un ulteriore contenzioso.
Ma stupisce soprattutto che l’Autorità, ora ANAC, con delibera assunta dal suo Consiglio nella seduta del 9 marzo 2016, ha aderto alle tesi proposta dall’Avvocatura Generale dello Stato anziché procedere all’autoannullamento in sede di autotutela degli atti illegittimi .
Il fatto è tanto più grave se si pensa che la giurisprudenza aveva già espresso lo stesso orientamento anche nei confronti di altre Autorità indipendenti (Consiglio di Stato, sez. III, 02/04/2015, n. 1739).
La sentenza annotata assesta, quindi, un duro colpo all’ANAC, perchè evidenzia l’inosservanza del PNA approvato dalla stessa Autorità, secondo cui costituisce rischio specifico del reclutamento dei dipendenti pubblici “…. insufficienza di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire allo scopo di reclutare candidati particolari” (PNA 2013).
Una domanda sorge spontanea: l’Autorità ha già inviato i suoi atti alla Procura, come è solita fare quando riscontra illegittimità nelle procedure di altre pubbliche amministrazioni, o esistono deroghe nei casi in cui a sbagliare è il controllore?