Premessa
Com’è noto, in Italia la corruzione è un fenomeno molto diffuso (60° posto nell’Indice di corruzione avvertita 2016), pervasivo nella sua estensione e sistemico, con profonde radici nella politica, nell’amministrazione, nel mondo delle imprese. Esso è causa di costi economici e sociali: contribuisce ad accrescere la sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e, in particolare, dei partiti politici; altera il funzionamento del mercato in quanto penalizza le imprese sane, e annulla la libera concorrenza; consegna ai cittadini servizi scadenti e infrastrutture costose, spesso di scarsa qualità e, in alcuni casi, inutili o poco efficaci; scoraggia gli investimenti esteri e, quindi, determina perdita di competitività al Paese (“Il Male italiano” libro-intervista di Raffaele Cantone con il giornalista dell’Espresso Gianluca Di Feo, Feltrinelli Editore).
Diversi studi dimostrano che l’elevato livello di corruzione del nostro Paese ha influito sulla crescita del Pil e, di conseguenza, ha peggiorato la situazione della nostra finanza pubblica. Molte e differenti le cause: la malavita organizzata, l’inefficienza della macchina giudiziaria, che rende probabile la prescrizione prima della sentenza finale, così diffondendo un senso di impunità di fatto tra i corruttori e i corrotti; il professionismo politico italiano, cui si deve la formazione di una casta inamovibile; una legislazione farraginosa e ambigua e una burocrazia inefficiente che rendono complicato il rapporto fra cittadini e amministrazione. E’ assai probabile che influisca negativamente anche la mancanza di un’istruzione adeguata, come riferisce il Rapporto Bes 2013 (CNEL – ISTAT) secondo cui, in Italia, i giovani fra i 30 – 34 anni con titoli universitari rappresentano il 20,3% contro una percentuale europea del 34,6%; cresce il numero di giovani fra 15 e 29 anni che non lavorano e non studiano (NEET), e si registra una riduzione nella partecipazione culturale delle persone (32,8%). E, ancora, la sensibile riduzione della libertà di stampa nel nostro Paese, se sono attendibili i dati della classifica annuale di Report senza frontiere, secondo cui l’Italia nel 2014 scende al 73° posto e nel 2015 scivola addirittura alla 77a posizione (seguita in Europa solo da Cipro, Grecia e Bulgaria).
E’ pure noto che per combattere questo fenomeno è stata emanata nel 2012 la prima legge organica in materia (L 6 novembre 1990, n. 190), attuata con diversi decreti legislativi e oggetto di numerose modifiche, specie nel periodo 2014 – 2016.
La normativa «anticorruzione» individua un nuovo assetto organizzativo delle politiche di contrasto alla corruzione. A livello nazionale, istituisce l’Autorità Nazionale anticorruzione – A.N.AC., responsabile della strategia globale, con il compito di collaborare con le pubbliche amministrazioni centrali e locali nelle azioni di prevenzione del fenomeno, e, a livello locale, la figura del responsabile della prevenzione e per la trasparenza (R.P.C.T.), con il compito di elaborare un piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza rispettoso degli indirizzi del Piano Nazionale Anticorruzone approvato dall’ANAC, di vigilare sulla sua attuazione e di relazionare annualmente sui risultati conseguiti.
E mette in campo diversi strumenti di prevenzione, eterogenei fra loro, ma tutti collegati dall’unica finalità di frenare il fenomeno generando comportamenti virtuosi nei pubblici funzionari, tra i quali si ricordano:
- la costituzione di un adeguato assetto gestionale, ispirato a modelli di risk management, con l’obbligo per ciascuna amministrazione di redigere piani di organizzazione in funzione di prevenzione;
- l’introduzione di codici di comportamento, con la declinazione di un catalogo di doveri per i pubblici dipendenti, la cui violazione è fonte di responsabilità disciplinare (art. 54, D.Lgs n. 165 del 2001; Codice generale approvato con P.R. n. 62 del 2013 e codici di ciascuna amministrazione);
- il potenziamento della responsabilità (accountability) dei pubblici ufficiali, con una disciplina puntuale dell’istituto del conflitto di interessi (art. 6-bis, L. n. 241/1990; artt. 3, 6, 7 e 14 del Codice generale di comportamento; art. 54 – bis, D.Lgs. n. 165/2001);
- l’innalzamento dei livelli di trasparenza e di accesso alle informazioni sull’organizzazione e le attività amministrative, con obblighi di pubblicità nei siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche e per gli enti privati in controllo pubblico e la libertà di chiunque di accedere ai documenti detenuti dalle stesse amministrazioni (D.Lgs. n. 33 del 2013, come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016).
- regole di integrità più stringenti per le cariche pubbliche elettive (D.Lgs. n. 235 del 2012).
Ed ancora, il rafforzamento del principio dell’imparzialità, con la previsione di divieti per dirigenti e figure assimilate di ricoprire, in diversi casi, incarichi e cariche presso pubbliche amministrazioni (D.Lgs. n. 39 del 2013).
- I divieti di attribuzione e di cumulo di cariche e incarichi nel d.lgs 39
Il D.Lgs. 8 aprile 2013 n. 39 , composta da 23 articoli, è entrato in vigore il 4 maggio 2013, senza prevedere un regime transitorio. A questa carenza ha supplito il decreto n. 69/2013, c.d. del “Fare” , secondo cui, in sede di prima applicazione, le incompatibilità del D.Lgs. n. 39 non hanno effetto per gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima del 4 maggio 2013 in conformità alla disciplina vigente a quella data, ragione per cui i relativi provvedimenti e contratti rimangono validi fino alla loro scadenza (art. 29 – ter del D.L. n. 69/2013, introdotto dalla legge di conversione n. 98/2013).
In sintesi, il decreto n. 39:
- individua i casi di inconferibilità degli incarichi dirigenziali e degli incarichi di responsabilità amministrativa di vertice, che comportano l’esercizio di funzioni di amministrazione e gestione nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, a soggetti interni o esterni alle PA;
- prevede una disciplina dei casi di incompatibilità tra gli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice svolti presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, e gli incarichi pubblici elettivi ovvero incarichi che comportino la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.
In entrambi i casi il criterio per la definizione delle condizioni di incompatibilità e di inconferibilità è la distinzione tra le funzioni di indirizzo politico e quelle di amministrazione e tra attività di controllo e attività di gestione.
Sulla base dei criteri di delega elencati nella L. n. 190, il decreto n. 39 del 2013 individua, caso per caso, le attività che determinano le inconferibilità e le incompatibilità anche per incarichi svolti presso livelli di governo differenti ovvero presso soggetti giuridici distinti ma comunque collegati per ragioni di vigilanza.
In base all’art. 1, co. 2, lett. g), per inconferibilità deve intendersi la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal decreto: (i) a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale; (ii) a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi; (iii) a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico.
Le situazioni di inconferibilità configurano, pertanto, condizioni ostative al conferimento di determinati incarichi riconducibili essenzialmente, oltre che all’aver riportato condanne penali per delitti contro la PA, al pregresso svolgimento di cariche politiche o incarichi di vertice, comunque superabile mediante il decorso di un periodo di “raffreddamento” di uno o due anni, a seconda dei casi. Obiettivo del legislatore in queste circostanze è di evitare che, proprio in ragione della carica ricoperta, l’interessato possa precostituirsi una situazione di favore per l’attribuzione di un nuovo incarico di carattere amministrativo, rivolgendo quindi l’esercizio della pubblica funzione a vantaggio proprio e non della pubblica amministrazione.
La lett. h) del co. 2 dell’art. 1 identifica l’incompatibilità con l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla PA che conferisce l’incarico o l’assunzione e lo svolgimento di attività professionali ovvero l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico. In questi casi non sussiste una preclusione assoluta all’assunzione dell’incarico, in quanto l’interessato può esercitare un diritto di opzione che tende a rimuovere la situazione favorevole allo sviluppo di fenomeni di corruzione, ma si tende ad evitare la coincidenza, nello stesso soggetto, di ruoli di vigilanza e gestione della medesima attività.
Un ruolo centrale nell’attuazione della normativa in esame spetta al responsabile del piano anticorruzione dell’amministrazione o dell’ente pubblico o privato in controllo pubblico che, ove ravvisi l’esistenza o l’insorgenza di situazioni di inconferibilità o incompatibilità, le contesta all’interessato e segnala comunque all’Autorità nazionale anticorruzione, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per i profili relativi alla L. n. 215/2004, nonché alla Corte dei conti, i casi possibile violazione delle disposizioni del D.Lgs n. 39 per l’accertamento delle eventuali responsabilità amministrative.
La permanenza di situazioni di inconferibilità e incompatibilità è sanzionata dalla disciplina del decreto n. 39/2013, che prevede – in caso di violazione – la nullità degli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni e la decadenza dall’incarico con risoluzione del contratto di lavoro dipendente, o autonomo per i casi di incompatibilità, decorso il termine di 15 giorni dalla contestazione all’interessato.
Si configura anche una responsabilità a carico degli organi politici che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli, sanzionandoli per le conseguenze economiche degli atti adottati e prevedendo l’esercizio di un potere sostitutivo di nomina nel caso in cui la violazione sia stata commessa da organi di indirizzo politico di amministrazioni centrali o di enti nazionali.
La vigilanza sul rispetto da parte di amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, della normativa contenuta nel D.Lgs. n. 39/2013 è affidata alla Autorità nazionale anticorruzione che, in base all’art. 16 del citato decreto, come modificato dall’art. 54-ter, co. 1, del D.L. n. 69/2013, esercita anche poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi, segnalando le relative responsabilità amministrative alla Corte dei conti, ed esprime pareri o sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti l’interpretazione autentica del decreto legislativo (cfr anche deliberazione A.N.AC. n. 833 del 3 agosto 2016 recante “Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’A.N.AC. in caso di incarichi inconferibili e incompatibili”).
Finalità – La finalità del D.Lgs. n. 39 è di assicurare imparzialità ai soggetti chiamati a svolgere, in applicazione del principio di distinzione fra politica e amministrazione (naturale corollario dell’art. 97 della Costituzione secondo la Corte costituzionale sent. 81/2013, del 24 aprile – 3 maggio 2013), compiti esclusivi di amministrazione e gestione (dirigenti) e compiti di coordinamento dell’azione gestionale (segretario generale, direttore generale, ecc.).
In altri termini, il D.Lgs n. 39 vuole evitare che si creino situazioni favorevoli ad accordi illeciti o a scambio di favori, prevedendo l’inconferibilità di incarichi dirigenziali o assimilati per i soggetti che siano stati destinatari di sentenze di condanna per delitti contro la pubblica amministrazione o in relazione all’attività svolta dagli interessati in precedenza, e incompatibilità specifiche per i titolari di incarichi dirigenziali e assimilati.
Come precisato dall’art. 22 dello stesso decreto, le sue disposizioni, direttamente attuative di principi costituzionali (art. 54 e art. 97), rientrano nella competenza normativa esclusiva dello Stato e, quindi, prevalgono su eventuali altre discipline regionali nella stessa materia.
Ambito soggettivo – Il Piano Nazionale anticorruzione approvato con deliberazione n. 72/2013, ha precisato che destinatari delle norme del D.Lgs n. 39 (all. 1, § B8, pagg 49 e 50) sono:
- le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs n. 165;
- gli enti pubblici economici, fra i quali rientrano anche le aziende speciali costituite per la gestione dei servizi pubblici locali (orientamenti n. 15 del 30 aprile 2015 e n. 13 del 22 aprile 2015);
- gli enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia gli enti privati solo formalmente privati, ma sostanzialmente pubblici (società strumentali o di gestione dei servizi pubblici sottoposti a controllo ai sensi dell’art. ai sensi dell’art. 2359 cc) e gli enti privati, anche di fatto, che hanno un rapporto qualificato con l’amministrazione da cui sono regolati o finanziati in base ad un rapporto convenzionale, o partecipati in via minoritaria.
Ambito oggettivo – Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione e, nello specifico, dei conflitti di interessi, il D.Lgs. n. 39 pone divieti, rispettivamente, di attribuzione e di cumulo di cariche e incarichi, graduati in ordine alla loro rilevanza, per:
- gli incarichi, interni ed esterni, amministrativi di vertice: trattasi di funzioni di livello apicale che non comportano l’esercizio in via esclusiva di funzioni di amministrazione e gestionali, ma semmai funzioni di coordinamento dei soggetti che svolgono funzioni amministrative e gestionali; a titolo esemplificativo, possiamo annoverare gli incarichi di segretario generale, capo dipartimento, direttore generale o posizioni analoghe nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, indipendentemente dal fatto che i soggetti che li ricoprono siano interni o esterni all’amministrazione o all’ente conferente (art. 1, co. 2, lett. i);
- gli incarichi di funzione dirigenziale, quindi non apicali, interni o esterni, se comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione;
- gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere;
- le cariche in organi di indirizzo politico (Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo, parlamentare, presidente della giunta o sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali, a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali, nonchè organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali).
Inconferibilità e incompatibilità – La prima regola posta dal D.Lgs. n. 39 è l’inconferibilità, ossia l’impossibilità di conferire, in via temporanea o a volte permanente, incarichi di vertice amministrativo apicale, di funzioni dirigenziali, di amministratore di ente pubblico e di ente privato in controllo pubblico ai soggetti:
- con condanne penali, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione;
- con precedenti incarichi in enti privati regolati o finanziati dall’amministrazione pubblica;
- con precedenti incarichi in organi di indirizzo politico di livello nazionale, regionale o locale
La situazione di inconferibilità non può essere sanata, per cui se le cause di inconferibilità, sebbene esistenti ab origine, non fossero note all’amministrazione e si appalesassero nel corso del rapporto, il responsabile della prevenzione è tenuto ad effettuare la contestazione all’interessato, il quale, previo contraddittorio, deve essere rimosso dall’incarico.
L’altra regola è quella dell’incompatibilità, secondo cui gli incarichi di vertice di amministrazione e di funzioni dirigenziali sono incompatibili e comportano il dovere dell’opzione, da esercitare entro 15 giorni, con altre cariche negli organi di indirizzo politico e con l’assunzione di attività, retribuite o no, presso enti di diritto privato sottoposti a regolazione, controllo o finanziati da parte dell’amministrazione che ha conferito l’incarico, o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l’ente o l’attività è soggetto, da parte dell’amministrazione, a regolazione o è finanziata.
La finalità dell’incompatibilità è di evitare che il titolare di un incarico garantito da imparzialità (titolare di incarichi amministrativi di vertice, incarichi di funzioni dirigenziali, ecc), nel corso del mandato o anche in seguito alla sua cessazione, possa assumere la titolarità di interessi in potenziale conflitto, che possano ridurre la sua posizione d’indipendenza e imparzialità.
A differenza dell’inconferibilità, l’incompatibilità può essere rimossa mediante rinuncia da parte dell’interessato ad uno degli incarichi incompatibili.
Il sistema dei controlli e delle sanzioni – La vigilanza sul rispetto delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità è affidata al responsabile della prevenzione della corruzione di cui ai commi 7, 8 e 9 della L. n. 190 del 2012, il quale, a tal fine, deve inserire nel piano anticorruzione apposite disposizioni (art. 15).
Il responsabile ha l’obbligo di segnalare le eventuali violazioni all’Autorità nazionale anticorruzione, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché alla Corte dei conti, per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative.
Per le situazioni riguardanti il segretario comunale o provinciale che sia stato individuato come responsabile della prevenzione della corruzione, la contestazione spetta al sindaco o al presidente della provincia (Intesa Conferenza Unificata, § 8).
Il responsabile del piano anticorruzione deve contestare la causa di incompatibilità accertata all’interessato, che ha quindici giorni di tempo per rimuoverla sotto comminatoria della decadenza dall’incarico (art. 19).
L’Autorità nazionale anticorruzione, a seguito di segnalazione o d’ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell’incarico e segnalare il caso alla Corte dei conti per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative (art. 16).
Gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del decreto e gli eventuali relativi contratti sono nulli. L’atto di accertamento della violazione è pubblicato sul sito dell’amministrazione o dell’ente che conferisce l’incarico.
I componenti degli organi che hanno conferito incarichi dichiarati nulli:
- sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati, salvo gli assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti;
- non possono di loro conferire gli incarichi competenza per tre mesi e il relativo potere è esercitato, per i Ministeri, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e, per gli enti pubblici, dall’amministrazione vigilante.
La disposizione prevede un termine di tre mesi dall’entrata in vigore del decreto – decorso il quale è previsto l’intervento sostitutivo dello Stato -, entro il quale regioni, province e comuni devono individuare le procedure e gli organi che, in via sostitutiva, possono procedere al conferimento degli incarichi nel periodo di interdizione degli organi titolari.
Mentre l’inconferibilità non è sanabile, in caso di incompatibilità l’art. 19 stabilisce la decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del responsabile della prevenzione della corruzione.
Lo stesso articolo 19, al co. 2, precisa che restano ferme le disposizioni sul collocamento in aspettativa dei dipendenti della pubblica a
Le autodichiarazioni – Il nominando, all’atto del conferimento dell’incarico, ha l’obbligo di presentare una dichiarazione sull’insussistenza di una delle cause di inconferibilità. L’adempimento di quest’obbligo è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico. Nel corso dell’incarico l’interessato presenta annualmente una dichiarazione sull’insussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui allo stesso decreto n. 39/2013. Per le regioni, comuni e province, la dichiarazione periodica deve essere rilasciata annualmente nel termine stabilito da ciascun ente, oltre che, com’è ovvio “tempestivamente” all’insorgere della causa d’incompatibilità (Intesa Conferenza Unificata, §8)
Le suddette dichiarazioni devono essere pubblicate nel sito della pubblica amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l’incarico Sez. “Amministrazione trasparente” (o Società tarsparente, ecc.) – sottosezione. 1° livello “Organizzazione” – sottosezione. 2° livello “Titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo”.
Se dovesse essere accertato dall’amministrazione interessata che la suddetta dichiarazione è mendace, è prevista la sanzione dell’inconferibilità per cinque anni di qualsivoglia incarico di cui allo stesso decreto n. 39. L’accertamento deve essere effettuato nel rispetto del diritto alla difesa e del contraddittorio dell’interessato, per cui il procedimento deve iniziare con la contestazione e l’invito a presentare controdeduzioni e a comparire personalmente, eventualmente con l’assistenza di un rappresentante (legale di fiducia o rappresentante sindacale) per essere ascoltato
In coerenza con questa disposizione, per i dipendenti del comparto Regioni – autonomie locali, l’Intesa Conferenza Unificata precisa che “il collocamento in aspettativa o fuori ruolo del dipendente, ove previsti dalla normativa, consente di superare l’incompatibilità”.
Le linee guida ANAC – Il 3 agosto 2016, con determinazione n. 833, l’A.N.AC. ha approvato le “Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’A.N.AC. in caso di incarichi inconferibili e incompatibili”, con cui ha inteso superare i dubbi interpretativi e le difficoltà applicative della normativa in commento, emerse sia nello svolgimento della propria attività di vigilanza sia grazie ai numerosi quesiti in ordine al D.Lgs. n. 39/2013. L’Autorità ha, in particolare, fornito alle amministrazioni indicazioni operative tese a chiarire il ruolo e le funzioni del R.P.C.T. nel procedimento di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità nonché a definire i passaggi che connotano l’attività di verifica che il suddetto responsabile è chiamato a svolgere sulle dichiarazioni concernenti l’insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità.
Le Linee guida concernono anche l’attività di vigilanza e i poteri di accertamento dell’A.N.AC. in caso di incarichi e incompatibili; esse mirano dunque a chiarire i confini e i margini di intervento dell’attività che l’Autorità può svolgere in materia di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi amministrativi di vertice e dirigenziali di cui al D.Lgs. n. 39/2013.
Tra l’altro, oltre a delineare l’ordinaria procedura di accertamento di una situazione di inconferibilità che vede coinvolti, secondo una logica collaborativa l’A.N.AC. e il R.P.C.T., proprio con riguardo alla figura del R.P.C.T., le Linee guida precisano che, nel caso in cui questi ometta di dichiarare la nullità dell’incarico o ponga in essere atti che vanno nella direzione opposta a quella indicata nella delibera di accertamento dell’inconferibilità, adottata dall’Organo di vigilanza, l’Autorità gli ordinerà:
- di attenersi agli esiti dell’attività svolta o
- nei casi di inerzia, di confermare le risultanze emerse in sede di accertamento della inconferibilità oppure
- di rimuovere dell’atto che si discosti da quelle risultanze.
Le difficoltà interpretative e applicative – L’applicazione del d.lgs 39 si è dimostrata molto complessa. L’A.N.A.C. stessa con diverse segnalazioni, ha indicato al Parlamento e al Governo la necessità delle seguenti modifiche normative:
- alle disposizioni contenute nel D.Lgs n. 267/2000, in tema di esimenti alle cause di incompatibilità e di conflitto di interessi (atto di segnalazione n. 7, del 4 novembre 2015);
- alla disciplina in tema di inconferibilità di incarichi “amministrativi” per condanna penale, contenuta nel D.Lgs n. 235/2012, considerate le antinomie rispetto alle previsioni in tema di inconferibilità, per condanna penale, previste dal D.Lgs n. 39/2013 (atto di segnalazione n. 6, del 23 settembre 2015);
- alla disciplina in materia di accertamento e sanzioni contenuta nel capo VII del D.Lgs n. 39 (atto di segnalazione n. 5, del 9 settembre 2015);
- più in generale, alla vigente normativa in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi amministrativi (atto di segnalazione n. 4, del 10 giugno 2015);
- al testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità di cui al D.Lgs n. 235/2012, considerata la possibile disparità di trattamento tra le cause di incandidabilità alle cariche elettive regionali e le cause di incandidabilità alle cariche elettive locali (atto di segnalazione del 5 giugno 2014).
Più recentemente, con atto di segnalazione n. 1, del 18 gennaio 2017, l’A.N.AC. ha formulato ulteriori proposte di modifica del decreto n. 39, evidenziando l’urgenza di un intervento correttivo volto ad adeguare la definizione di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico, di cui all’art. 1, co. 2, lett. e), al fine di:
- eliminare, per la figura del presidente del consiglio di amministrazione, il riferimento alle deleghe gestionali dirette;
- estendere la disciplina dell’inconferibilità a tutte le posizioni negli organi di governo, includendovi anche i comportamenti degli organi collegiali (Consigli di amministrazione o equivalenti, comunque denominati);
- estendere la disciplina dell’inconferibilità alla figura del direttore generale;
- una volta accolte le proposte di cui ai punti precedenti, introdurre un idoneo sistema di graduazione dei periodi di inconferibilità, da riferire al rilievo della carica svolta dagli amministratori nell’ente, secondo il criterio già suggerito nella segnalazione n. 4/2015 (in sostanza: periodi più lunghi per le cariche di maggior rilievo, più corti per la semplice partecipazione al Consiglio di amministrazione).
I pareri dell’A.N.A.C. Testimoniano le difficoltà interpretative che incontro le amministrazioni nell’attuazione della normativa i numerosi interventi interpretativi dell’Autorità, fra quali ricordiamo:
- Deliberazione n. 1349 del 21 dicembre 2016, concernente l’inconferibilità dell’incarico di presidente della Società unica abruzzese di trasporto a colui, che nei due anni precedenti, ha ricoperto l’incarico in altra società in controllo pubblico regionale;
- Deliberazione n. 1348 del 21 dicembre 2016, concernente: a) l’inconferibilità dell’incarico di Direttore generale di una società in controllo pubblico di livello regionale a un soggetto che, nei due anni precedenti, ha ricoperto l’incarico di Presidente di altra società controllata al 100% dalla Regione Lombardia, nonché di amministratore delegato di altra società controllata dalla medesima Regione e b) l’incompatibilità tra la carica di direttore generale della citata società in controllo pubblico regionale e quella di consigliere di amministrazione di tale società;
- Deliberazione n. 1307 del 14 dicembre 2016, concernente:
- l’applicazione dell’art. 78 co. 3, del D.Lgs n. 267/2000 nei confronti dell’Assessore municipale ai lavori pubblici e del Presidente della Commissione Lavori Pubblici di un Municipio della Capitale, entrambi esercenti, nel territorio del Municipio, la libera professione, rispettivamente, di architetto e geometra;
- l’esistenza di un conflitto di interessi tra le attività professionali esercitate e/o in corso dai due amministratori municipali e le cariche politiche rivestite;
- l’archiviazione del fascicolo ai fini di cui al D.Lgs n. 39/2013, data l’insussistenza di ipotesi di inconferibilità/incompatibilità e il relativo invio al Prefetto per le conseguenti verifiche di competenza;
- Deliberazione n. 1305 del 21 dicembre 2016, concernente la violazione del D.P.R. n. 62/2013 e del codice di comportamento dei dipendenti di Roma Capitale, da parte del direttore del dipartimento organizzazione e risorse umane di Roma Capitale, con particolare riferimento al procedimento di nomina del fratello, quale dirigente della direzione turismo di Roma Capitale;
- Deliberazione n. 1304 del 28 dicembre 2016, concernente l’incompatibilità, ai sensi dell’art. 12, co. 4 lett. c) del D.Lgs. n. 39/2013 tra l’incarico dirigenziale in una società in controllo pubblico di livello locale, conferito prima dell’entrata in vigore del D.Lgs n. 39/2013 e la carica di assessore del comune di Arezzo, ricompreso nella stessa regione della società che ha conferito l’incarico;
- Deliberazione n. 1303 del 28 dicembre 2016, concernente l’inconferibilità dell’incarico di Presidente dell’Amgas S.p.A. a colui che è stato dal 2013 al 2016 Presidente della Fiera del Levante di Bari, ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. d) del D.Lgs n. 39/2013;
- Deliberazione n. 1294 del 14 dicembre 2016, concernente l’inconferibilità dell’incarico di Presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, a colui che, nei due anni precedenti, è stato consulente dell’Autorità portuale di Bari, nonché Presidente di enti di diritto privato regolati o finanziati ovvero in controllo pubblico;
- Deliberazione n. 1292 del 23 novembre 2016, concernente l’applicazione delle ipotesi di inconferibilità per condanna penale, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 39/2013, nei casi di concessione della sospensione condizionale della pena principale ed accessoria, ai sensi dell’art. 166 C.P., ad un dipendente comunale a tempo indeterminato a cui è stata conferita una posizione organizzativa nell’area tecnica e il rapporto tra l’art. 3 del D.Lgs. n. 39/2013 e l’art. 35 bis del D.Lgs n. 165/2001;
- Deliberazione n. 1291 del 30 novembre 2016, relativa ai provvedimenti conseguenti all’accertata inconferibilità di cui all’art. 7, co. 2, del D.Lgs. n. 39/2013 con riguardo alla carica di amministratore unico della Lario Reti Holding s.p.a. a colui che ha rivestito l’incarico di amministratore unico della Idrolario s.r.l.;
- Deliberazione n. 1205 del 23 novembre 2016, concernente procedura di tutela del R.P.C.T. del Consiglio della regione omissis, ex art. 1, co. 7, L. n. 190/2012 in occasione di procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti per omessa pubblicazione di atti e documenti previsti dal D.Lgs. n. 33/2013;
- Deliberazione n. 1199 del 23 novembre 2016, recante i provvedimenti conseguenti all’inconferibilità, ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. d), del D.Lgs. n. 39/2013 dell’incarico di amministratore unico della società Progetto Santa Margherita Ligure s.r.l. a consigliere comunale del medesimo comune;
- Deliberazione n. 1198 del 23 novembre 2016, concernente l’applicazione dell’art. 20 del D.Lgs n. 39/2013 al caso di omessa o erronea dichiarazione sulla insussistenza di una causa di inconferibilità o incompatibilità;
- Deliberazione n. 1189 del 16 novembre 2016, concernente l’inconferibilità, ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. a), del D.Lgs n. 39/2013, dell’incarico di Capo Dipartimento del Ministero delle infrastrutture e trasporti a un soggetto che, nei due anni precedenti, è stato dirigente in un ente di diritto privato vigilato, regolato o finanziato dalla stessa amministrazione statale;
- Deliberazione n. 1184 del 9 novembre 2016, concernente:
- l’inconferibilità della conferma dell’incarico di amministratore unico di società ad esclusiva partecipazione di enti locali della Lombardia, ad un soggetto presidente uscente del Cda della suddetta società, che già ricopre analoga carica presso altra società in controllo pubblico;
- l’ascrivibilità della società al novero degli “enti di diritto privato in controllo pubblico” di cui all’art. 1, co., 2 lettera c) del D.Lgs. n. 39/2013, nel caso di partecipazione azionaria frazionata tra diversi enti locali (senza che nessuno di questi si trovi in una posizione di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c., non disponendo della maggioranza assoluta delle azioni, né di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante) quando la compagine pubblica complessivamente considerata risulti maggioritaria;
- Deliberazione n. 1160 del 9 novembre 2016, concernente l’inconferibilità, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs n. 39/2013 dell’incarico di direttore generale dell’Asl Roma 6, a colui che è, ovvero è stato, commissario straordinario dell’Ospedale Israelitico di Roma, ai sensi dell’art. 32, D.L. n. 90/2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 114/2014;
- Deliberazione 1104 del 26 ottobre 2016, concernente l’inconferibilità dell’incarico di amministratore delegato del Consorzio Universitario Mediterraneo Orientale (CUMO) di Noto a colui che, nei due anni precedenti, ha rivestito la carica di vicesindaco e assessore del comune di Avola (Siracusa);
- Deliberazione n. 1103 del 26 ottobre 2016, concernente l’inconferibilità della nomina dell’organo amministrativo delle società ASM Lavori S.r.l. e Technostone S.r.l., totalmente partecipate della società ASM Pavia S.p.a., del Presidente della stessa ASM Pavia S.p.a.;
- Deliberazione 1090 del 26 ottobre 2016, concernente l’incompatibilità degli incarichi di segretario generale della Provincia di Pesaro e Urbino e di amministratore unico della società aeroportuale Fanum Fortunae s.c.a.r.l.;
- Deliberazione n. 1002 del 21 settembre 2016, concernente l’incompatibilità degli incarichi di segretario generale dell’Autorità Portuale di Livorno e di amministratore delegato di una società regolata e controllata dalla stessa Autorità;
- Deliberazione n. 1001 del 21 settembre 2016, concernente l’incompatibilità degli incarichi di Dirigente del Servizio Bilancio del Dipartimento Risorse e Organizzazione della Giunta Regionale dell’Abruzzo e di consigliere comunale della città di Roseto degli Abruzzi (TE), con popolazione superiore a 15.000 abitanti;
- Deliberazione n. 965 del 14 settembre 2016, concernente l’inconferibilità della nomina ad amministratore unico della società in controllo pubblico Medio Novarese Ambiente S.p.a., a colui che ha ricoperto la medesima carica nella società Con.Ser.VCO S.p.a., anch’essa in controllo pubblico, ai sensi dell’art. 7, co.2, lett. d), D.Lgs n. 39/2013;
- Deliberazione n. 960 del 7 settembre 2016, concernente l’inconferibilità, ex art. 3 del D.Lgs n. 39/2013, dell’incarico di Presidente della FIGC, ricoperto dal dott. C.T., per essere lo stesso destinatario della condanna con sentenza passata in giudicato, per il reato di abuso d’ufficio;
- Deliberazione n. 48 del 27 giugno 2013, sulla conferma nella carica ex art. 7 del D.Lgs n. 39;
- Deliberazione n. 47 del 27 giugno 2013, sulla compatibilità del D.Lgs n. 39 con l’art. 4, co. 4 e 5, L. n. 95/2012 sulla governance delle società pubbliche (orientamento superato dal divieto, imposto dal D.Lgs n. 175/2016, di nominare i dipendenti pubblici nel C.d.A. delle società controllate);
- Orientamento n. 24 del 21 ottobre 2015 sui soggetti cui si applicano le prescrizioni ed i divieti contenuti nell’art. 53, co. 16-ter, del D.Lgs. n. 165/2001;
- Orientamento n. 23 del 23 settembre 2015 sulla nozione di consorzi industriali costituiti ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. n. 267/2000 e sull’ inconferibilità ai componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni, dell’incarico di componente del consiglio di amministrazione o di Presidente del consorzio, nel caso in cui a tali soggetti siano attribuiti poteri gestionali diretti;
- Orientamento n. 22 del 1° luglio 2015, sul conferimento di un incarico di responsabile di posizione organizzativa con funzioni dirigenziali, ad un soggetto condannato, in via definitiva, alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di falsità ideologica commessa in atti pubblici ex art. 479 C.P.;
- Orientamento n. 20 del 10 giugno 2015, concernente l’incompatibilità, ai sensi dell’art.12, co. 3. lett. b), del D.Lgs. n. 39/2013, tra la carica di assessore di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e l’incarico dirigenziale interno in un ente pubblico di livello regionale, che comporta in via esclusiva l’esercizio delle competenze di amministrazione e gestione;
- Orientamento n. 19 del 10 giugno 2015 sulla sussistenza di un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale, nel caso in cui al Comandante/Responsabile della Polizia locale, indipendentemente dalla configurazione organizzativa della medesima, sia affidata la responsabilità di uffici con competenze gestionali, in relazione alle quali compie anche attività di vigilanza e controllo;
- Orientamento n. 18 del 27 maggio 2015 sull’insussistenza dell’incompatibilità di cui all’art. 11 del D.Lgs n. 39/2013, tra l’incarico di componente del consiglio di amministrazione di un’Azienda speciale ed l’ incarico amministrativo di vertice di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di un ente locale;
- Orientamento numero 17 del 27 maggio 2015 sulla sussistenza, ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. c), del D.Lgs n. 39/2013, dell’inconferibilità, dell’incarico di componente del consiglio di amministrazione di un’azienda speciale – al quale vengano delegate funzioni gestionali – a colui che è stato vice presidente con deleghe operative di un ente privato in controllo pubblico;
- Orientamento n. 16 del 6 maggio 2015 sulla sussistenza, ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. c), del D.Lgs n. 39/2013, dell’inconferibilità dell’incarico di presidente di un’azienda speciale consortile a colui che, nei due anni precedenti abbia ricoperto o attualmente ricopra la carica di commissario straordinario del medesimo ente;
- Orientamento n. 15 del 30 aprile 2015 sulla insussistenza di incompatibilità tra l’incarico di segretario generale nell’amministrazione comunale e la carica di segretario generale di un’azienda speciale, anche in forma consortile, costituita dal medesimo comune con altri comuni per la gestione del servizio pubblico intercomunale di trasporto, ai sensi del D.Lgs n. 267/2000;
- Orientamento n. 14 del 30 aprile 2015 su: a) l’insussistenza dell’inconferibilità dell’incarico di componente del consiglio di amministrazione di una società consortile a totale capitale pubblico nei confronti di un consigliere di un comune che partecipa al capitale sociale della stessa società; b) la sussistenza dell’inconferibilità in tutti i casi in cui a tale consigliere vengono affidate le funzioni di Presidente con deleghe gestionali, di amministratore delegato o comunque deleghe di carattere gestionale (sia nei caso in cui l’attribuzione competa all’amministrazione comunale che all’Assemblea della società consortile);
- Orientamento n. 13 del 22 aprile 2015 sull’insussistenza di incompatibilità tra incarico dirigenziale nell’amministrazione comunale e la carica di amministratore unico di un’azienda speciale costituita dalla stessa amministrazione per la gestione dei servizi pubblici locali, ai sensi del D.Lgs. n. 267/2000, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’art. 6-bis della L. n. 241/1990, in tema di conflitto di interessi;
- Orientamento n. 12 del 22 aprile 2015 secondo cui, ai sensi dell’art. 4, co. 4, del D.L. n. 95/2012, in combinato disposto con gli artt. 9 e 12 del D.L.gs n. 39/2013, la nomina nei C.d.A. delle società controllate, di dipendenti dell’amministrazione di riferimento, deve limitarsi al personale interno, anche con qualifica dirigenziale, purché non investito della carica di Presidente con deleghe gestionali dirette o di amministratore delegato o ancora di amministratore unico (orientamento superato dal divieto, imposto dal D.Lgs n. 175/2016, di nominare i dipendenti pubblici nel C.d.A. delle società controllate);
- Orientamento n. 11 del 8 aprile 2015 sull’ambito temporale di applicazione delle situazioni di inconferibilità previste nell’art. 7 del D.Lgs n. 39/2013;
- Orientamento n. 4 del 4 febbraio 2015 sull’obbligo per le stazioni appaltanti di prevedere nella lex specialis di gara, tra le condizioni ostative alla partecipazione, oggetto di specifica dichiarazione da parte dei concorrenti, il divieto di cui all’art. 53, co. 16-ter, del D.Lgs n. 165/2001. (cd “Pantouflage”);
- Orientamento n. 3 del 4 febbraio 2015 sull’inclusione, nel campo di applicazione dell’art. 53, co. 16-ter del D.Lgs. n. 165/2001, anche dei soggetti formalmente privati ma partecipati o controllati da una pubblica amministrazione;
- Orientamento n. 2 del 4 febbraio 2015 sulla definizione di “dipendenti con poteri autoritativi e negoziali” cui fa riferimento l’art. 53, co. 16-ter del D.Lgs n. 165/2001;
- Orientamento n. 1 del 4 febbraio 2015 sull’applicazione delle prescrizioni e dei divieti contenuti nell’art. 53, co. 16-ter, del D.Lgs n. 165/2001, che fissa la regola del c.d. pantouflage, anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al D.Lgs n. 39/2013, ivi inclusi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisca un rapporto di lavoro subordinato o autonomo.
2. La limitazione temporanea della libertà negoziale del dirigente cessato dal lavoro (“pantouflage”)
Com’è noto, la disciplina sul c.d. “pantouflage” è stata introdotta dalla L. n. 190 del 2012 (l’art. 1, co. 42, ha aggiunto all’art. 53, del D.Lgs. n. 165 del 2001 il co. 16-ter). Ladisposizione prevede che «i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, c.2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri».
La libertà negoziale del dipendente con poteri decisionali è limitata dopo la cessazione per qualsiasi causa del suo rapporto di lavoro pubblico: per tre anni non può svolgere attività lavorativa, autonoma o subordinata, a favore di quei privati che sono stati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi autorizzati o conclusi dallo stesso soggetto nei tre anni precedenti alla conclusione del suo rapporto di lavoro pubblico, sotto comminatoria di gravi sanzioni (nullità del contratto di lavoro; sanzioni per i soggetti privati che hanno violato il divieto
L’art. 21 del D.Lgs. n. 39 estende la suddetta disciplina anche ai titolari di incarichi disciplinati dal decreto. La disposizione, nello specifico, considera tali soggetti, e anche quelli esterni, ai soli fini dell’applicazione dei divieti di attività lavorativa o professionale nei tre anni successivi alla cessazione dell’incarico, come “dipendenti pubblici”.
Detto altrimenti, “dipendenti pubblici” ai fini della disciplina sul pantouflage sono tutti i titolari di uno degli incarichi considerati dal D.Lgs. n. 39, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro subordinato o autonomo.
Le suddette limitazioni non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data del 28 novembre 2012 (art. 1, co. 43, L.190, secondo cui “Le disposizioni di cui all’articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dal comma 42, lettera l), non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge”).
3. Il divieto di ricoprire specifici uffici per i dipendenti condannati per delitti contro la p.a.
E’ da ricordare anche l’art. 35-bis del D.Lgs. n. 165, aggiunto dal co. 46 dell’art. 1 della L. n. 190, secondo cui i dipendenti pubblici che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, malversazione, concussione, corruzione, ecc..) non possono:
- far parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi;
- essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, e alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
- non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, e per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
Gli atti ed i contratti posti in essere in violazione delle suddette limitazioni sono nulli ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 39 del 2013. A carico dei componenti di organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono applicate le specifiche sanzioni previste dall’art. 18.
avv. Giuseppe Panassidi (ha collaborato la dottoressa Stefania Fabris)
Leggi la versione integrale dell’articolo «Prevenzione della corruzione: Le garanzie d’imparzialità dei dirigenti e figure assimilate»