La legge di stabilità 2013 restringe con nuovi rigorosi vincoli le maglie delle consulenze e, in generale, delle collaborazioni esterne (art.1, commi

146 – 148, L. 24  dicembre 2012, n. 228, S.O. n. 212 alla G. U., n. 302, del 29 dicembre 2012).

 1. Il primo vincolo riguarda le consulenze informatiche. Sotto l’aspetto soggettivo, sono interessati gli enti e i soggetti individuati, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge n. 196 del 2009, nell’elenco dell’ISTAT pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 settembre 2011, n. 228, e successivi aggiornamenti, fra cui sono comprese le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Decreto Legislativo sul pubblico impiego, n. 165, del 2001, e, quindi, anche gli enti locali. Dal 1° gennaio 2013, i suddetti enti possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, e per una sola ragione: risolvere problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici. La violazione di questo limite, lo ricorda la stessa norma di legge, potrebbe essere fonte di responsabilità amministrativa e disciplinare per i dirigenti.

Presupposto di legittimità della consulenza informatica è l’eccezionalità dell’evento, e, quindi, la sua imprevedibilità, cui deve accompagnarsi la necessità di un apporto consulenziale qualificato e specializzato, indispensabile per ripristinare il regolare funzionamento del sistema, impedito da un problema tecnico di particolare complessità. Presupposto di legittimità dell’incarico, secondo le regole generali, rimane l’impossibilità di utilizzare il personale della stessa organizzazione pubblica, perché mancante, o privo della necessaria professionalità, o insufficiente rispetto ai compiti d’istituto da svolgere nei tempi definiti.

2. La disposizione in esame introduce, inoltre, il divieto di rinnovare, alla scadenza, le collaborazioni esterne. L’ambito soggettivo di questo divieto è ristretto alle sole pubbliche amministrazioni di cui comma 2 dell’art. 1 del Decreto Legislativo sul pubblico impiego n. 165 del 2001, mentre quello oggettivo è molto ampio. Esso colpisce, infatti, non solo le consulenze ma tutte le tipologie di collaborazioni esterne di cui all’art. 7, commi 6 e 6 bis dello stesso Decreto Legislativo n. 165. Rientrano nel divieto, quindi, oltre alle consulenze, gli incarichi di studi e di ricerca e, in generale, le collaborazioni basate su un rapporto di lavoro autonomo, anche occasionale, o di collaborazione coordinata e continuativa.

Con il nuovo vincolo, i contratti di collaborazione, al pari di quelli per l’acquisizione di beni e servizi, alla loro scadenza, non possono essere rinnovati, ma solo, se necessario, prorogati e, anche in questo caso, a determinate condizioni. La proroga, infatti, è possibile, in via esclusiva, per completare eventualmente il progetto già assegnato con l’incarico originario, e sempre che il ritardo non sia imputabile al collaboratore. Non solo. La proroga può avvenire senza aumento del compenso originariamente pattuito (sic!). E’ singolare che l’onere della proroga sia addebitato al collaboratore incolpevole, tenuto a sopportare i costi originati dalla responsabilità del committente pubblico.

3. La terza novità riguarda l’espressa estensione delle regole pubblicistiche sull’affidamento delle collaborazioni esterne, di cui al ricordato articolo 7, commi 6 e 6 bis del Decreto Legislativo n. 165, alle società strumentali controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni che abbiano conseguito nel 2011 un fatturato da prestazioni a  favore delle pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell’intero fatturato.

Si tratta, in altri termini, delle società strumentali che, ai sensi dell’art. 4 della spending review del 2012 dovranno essere sciolte o alienate entro il 31 dicembre 2013 (D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012, n. 13).

4. Riassumendo, le disposizioni della legge di stabilità 2013 “arricchiscono” il già nutrito pacchetto di regole, vincoli e limiti normativi sui contratti di collaborazione a soggetti esterni, ritenuti dal legislatore, a ragion veduta, fonte di notevoli sprechi.

E’ opportuno ricordare, innanzitutto, che gli enti locali sono tenuti a disciplinare, con il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi,  limiti, criteri e modalità per l’affidamento di questa tipologia di incarichi. E che devono approvare, ogni anno, un apposito programma degli affidamenti che prevedono di attribuire (art. 3, c.55, L. n. 244/2007).

L’utilizzo di professionalità esterne nelle pubbliche amministrazioni è ammesso, inoltre, solo se ricorrono le seguenti condizioni (art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001):

a)  carenza o insufficienza di risorse interne, da motivare con riferimento a tutta la struttura organizzativa;

b) temporaneità e specificità dell’incarico da conferire;

c)  inerenza dell’oggetto dell’incarico ai compiti d’istituto dell’ente;

d) alta professionalità della prestazione, specializzazione universitaria, salvo eccezioni, ed esperienza del collaboratore esterno, da dimostrare con il curriculum.

L’efficacia dei contratti relativi a rapporti di consulenza con le pubbliche amministrazioni è subordinata alla pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione stipulante, del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso pattuito (art. 3, c. 18, L. n. 244/2007).

La legge prevede, inoltre, numerosi adempimenti:

a)   invio alla Corte dei conti delle modifiche regolamentari deliberate, con la previsione di illecito disciplinare e responsabilità erariale per la loro violazione (art. 3, commi 56 e 57, L. n. 244/2007);

b) trasmissione al Dipartimento della Funzione pubblica dell’elenco degli incarichi degli incarichi di collaborazione e di consulenza conferiti;

c) pubblicazione sul sito web dell’ente degli incarichi di collaborazione e di consulenza conferiti, con l’indicazione dei nominativi, dell’oggetto dell’incarico e del compenso, nonché dei singoli provvedimenti di liquidazione (art 1, comma 127, L. 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dall’art. 3, c. 54, L. n. 244/2007).

Giova ricordare, infine, che, dal 2011, è stato fissato un tetto massimo alla spesa annua per gli incarichi di studio e di consulenza: l’onere annuo non può superare il 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009, salvo poche eccezioni (università, enti e fondazioni di ricerca, incarichi connessi ai processi di privatizzazione, con l’espressa previsione di responsabilità erariale e disciplinare in caso di violazione del limite (art. 6, c. 7, D.L. 32 maggio 2010, n. 78 del 2011, convertito, con modificazioni, nella L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni).

Per inciso si ricorda che l’art. 6 del D.L. n. 78 è stato scrutinato nel 2012 senza rilievi dalla Corte costituzionale (Corte cost. sentenza 8 maggio – 4 giugno 2012, n. 1392, Pres. Quaranta, Rel. Cassese, in www.cortecostituzionale.it)*.

A cura di Giuseppe Panassidi

* Sulle collaborazioni esterne, vedi in questa rubrica “La distinzione fra appalti di servizi e incarichi di collaborazione e il caso specifico degli incarichi legali” di Antonello Accadia, e nella rubrica  “Cosa ne pensa la Corte dei conti”  la nota a giurisprudenza “Incarico professionale esterno o appalti di servizi? I limiti alla discrezionalità dell’ente locale nella scelta” di Riccardo Patumi.

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