Il presidente del consiglio comunale può essere revocato dalla carica solo quando nell’esercizio delle sue funzioni viene meno ai doveri di imparzialità

Le ragioni di dissenso rispetto alle sue posizioni politiche non costituiscono motivo di revoca.

TAR Campania, sentenza 18 luglio 2016, n. 3582, Pres. Salvatore Veneziano, Est. Ida Raiola

A margine

In un Comune della Campania il presidente del consiglio comunale ha mostrato con atti e manifestazioni, nel corso del mandato, di svolgere un ruolo attivo a supporto della maggioranza consigliare, con accentuazione del profilo politico così assunto, e conseguente svilimento del suo ruolo istituzionale.

Avviato il procedimento su richiesta motivata di quindici consiglieri, e nella previsione dello statuto, il consiglio ha deliberato la revoca per essere venuto meno il rapporto di fiducia che era stato alla base della elezione.

Il giudice amministrativo, verificata la regolarità formale del procedimento, ha accertato la presenza dei presupposti e dichiarata legittima la revoca.

La sentenza –  La decisione muove dal ritenere fondate le censure rivolte ai comportamenti del presidente del consiglio comunale caratterizzati da gravità e reiterazione posti in essere in violazioni di norme statutarie e regolamentari, oltre a invasione di sfere di competenze di altri organi e, infine, con il venir meno del rapporto di fiducia non più conciliabile con la funzione di garanzia e con la posizione di equidistanza.

Il commento – L’attuale ordinamento degli enti locali è volto ad introdurre regole e strumenti idonei a garantire la governabilità, che si ritiene sia assicurata dal mantenimento nel tempo delle funzioni attribuite agli organi elettivi, non più condizionati nella loro azione dal mutare di orientamenti politici che intervenissero nel corso del mandato. Tanto che se un mutamento sopravviene, la cesura è netta con la decadenza e il rinnovo integrale degli organi elettivi medesimi.

L’unica figura di un organo soggetto a revoca senza conseguenze traumatiche nella vita dell’ente è quella del presidente del consiglio comunale, quando lo statuto lo prevede. Non però per il semplice venir meno di sintonia politica con i consiglieri che gli hanno conferito il voto, ma quando l’esercizio delle funzioni non rispetta i principi ai quali la funzione medesima deve ispirarsi che sono, come ricordati in sentenza, l’imparzialità nella direzione dei lavori del consiglio, la non adesione espressa a un gruppo politico che condizioni le sue decisioni, il non travalicare i limiti del potere che è chiamato a esercitare, e quant’altro incide sulla correttezza di comportamento.

E’ un caso in cui, pur non essendo salvaguardata la stabilità di un organo, viene mantenuta quella dell’ente perché sia assicurata uniformità e continuità di indirizzo dell’azione amministrativa, non condizionata da mutevoli e contingenti diversi indirizzi politici se non alle naturali cadenze elettorali. Azione amministrativa che, indipendentemente dai criteri e indirizzi di chi la esercita, deve ispirarsi ai principi dall’articolo 97, c. 2, della costituzione (imparzialità e buon andamento) e dall’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza, proporzionalità).

prof. Mario Bassani, avvocato in Milano

***

Leggi anche sullo steso argmento

Sulla revoca del presidente del Consiglio per disfunzioni organizzative

Sulla revoca del Presidente del Consiglio per violazione degli obblighi  di neutralità

 


Stampa articolo