L’adozione del Codice di comportamento, dopo l’avvio del procedimento da parte dell’ANAC, non sana la violazione commessa del mancato adempimento di legge. Oltre al responsabile per la prevenzione della corruzione, anche il sindaco e gli assessori, seppure in misura inferiore, rispondono del comportamento omissivo non potendosi esimere da un adempimento previsto dalla legge, oltre che da un più generalizzato obbligo di controllo affinché le disposizioni normative e regolamentari siano attuate.

Deliberazione Consiglio ANAC n. 210 del 02 marzo 2016


A margine

Nella vicenda in esame l’ANAC, accertata la mancata pubblicazione sul sito istituzionale di un comune, nell’apposita sezione “Amministrazione trasparente”, del codice di comportamento previsto all’articolo 54, c. 5, del D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i., avvia il procedimento sanzionatorio stabilito dal Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di cui alla delibera del 9 settembre 2014”  per l’omessa adozione del documento, nei confronti della giunta e del segretario comunale, quale responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente.

Nel corso dell’esame della questione, il comune si dota del codice comunicandolo prontamente all’Autorità, mentre il RPC si assume la completa responsabilità dell’iniziale omessa adozione, invocando la natura gestionale dell’atto, non rientrante nelle competenze dell’organo di indirizzo politico. Allo stesso modo, la giunta sostiene che, nel periodo della propria carica, nessuna proposta di delibera relativa all’approvazione del codice è pervenuta da parte del RPC né tantomeno da parte del funzionario comunale coordinatore del settore risorse umane.

L’ANAC, richiamando la propria deliberazione n. 75 del 24 ottobre 2013, ricorda che l’adozione del codice di comportamento da parte di ciascuna P.A. rappresenta una delle “azioni e misure” principali di attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione.

Per l’Autorità, la tardiva approvazione del documento non sana la violazione commessa dal comune e pertanto sussiste la responsabilità della giunta la quale non può esimersi da un adempimento previsto dalla legge, oltre che da un più generalizzato obbligo di controllo affinché le disposizioni normative e regolamentari siano attuate.

L’Autorità ritiene comunque di dover considerare distintamente la posizione del RPC, rispetto a quella del sindaco e degli altri componenti della giunta comunale, tenendo conto, per questi ultimi, del periodo di durata dell’incarico, evidenziando le mancanze degli assessori che, rimasti in carica per un congruo lasso di tempo, avrebbero potuto approvare il documento ed esonerando invece dalla responsabilità coloro che hanno ricoperto il ruolo di assessore per un breve periodo.

L’ANAC determina quindi la sanzione pecuniaria conformemente all’art. 19, c. 5, lett. b), del d.l. n. 90/2014, secondo i parametri contenuti nell’art. 8 del Regolamento e con l’applicazione dei criteri generali di cui alla legge n. 689/1981 essendo la condotta dei convenuti connotata dai caratteri di gravità e rilevanza e trattandosi di un’omissione di una misura obbligatoria di prevenzione della corruzione, anche in considerazione del protrarsi del comportamento omissivo.

La sanzione pecuniaria è quindi definita in euro 1.400,00 per il segretario comunale, in qualità di RPC, e nel limite del minimo edittale, per euro 1000,00, nei confronti del sindaco e degli assessori tenuti all’osservanza dell’obbligo di adozione del codice ribadito in sede di conferenza unificata di cui all’intesa del 24 luglio 2013.

Simonetta Fabris

 

 


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