I presupposti per I’erogazione dei compensi professionali ai dipendenti delle avvocature erariali sono:  (a) il dato formale dell’iscrizione all’albo del dipendente; (b) la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell’ente stesso; (c) l’appartenenza in forma esclusiva a tale ufficio del professionista incaricato di tali funzioni.

Gli incentivi non possono essere riconosciuti ai dipendenti dell’avvocatura erariale che non rivestano lo status professionale di avvocato


Corte dei conti, sez. regionale  di controllo per l’Abruzzo, deliberazione 17 luglio 2015, n. 187, Pres. Maria Giovanna Giordano,   Rel.  A. Luberti


Il quesito

La richiesta di parere riguarda la possibilità per il Comune di riconoscere quota parte dei compensi professionali ai dipendenti del Settore Avvocatura che non rivestano la qualifica di avvocati.


Il parere

La Sezione Abruzzo è dell’avviso che i compensi in questione spettino solo ai dipendenti che rivestono lo status professionale di avvocato. Non solo. Occorre anche l’avvenuta costituzione di un ufficio legale con specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell’ente stesso e l’esclusività  dell’appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato.

La previsione di tali compensi si giustifica, per la Corte, con la cd. “doppia identità” dell’avvocato dipendente: da un lato professionista, dall’altro pubblico impiegato. Tale duplice natura «si riflette anche sulla struttura del trattamento economico a lui spettante, normalmente composto, pur nella varietà delle situazioni, per una quota, dallo stipendio tabellare e dalle relative voci integrative e accessorie e, per altra quota, da compensi aggiuntivi correlati all’esito favorevole delle lite, di importo tendenzialmente variabile, ancorché erogati con continuità (…) (in tal senso, T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 febbraio 1984, n. 22Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 1989, n. 202e, da ultimo, TAR Puglia – sez. II, 16 ottobre 2014, n. 2543).

La Corte sottolinea che l’istituto, disciplinato ex novo dall’art. 9 del decreto legge n. 90/2014, non può essere utilizzato come mezzo per eludere il principio di onnicomprensività della retribuzione del pubblico dipendente secondo cui «nulla é dovuto, oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabilito dai contratti collettivi, al dipendente che ha svolto una prestazione che rientra nei suoi doveri d’ufficio, anche se di particolare complessità» (Sez. controllo Lombardia, 6 marzo 2013, n. 73).


Annotazioni a margine

E’ prassi, anche negli uffici legali degli enti locali, destinare una quota dei compensi professionali, recuperate a carico della controparte all’esito favorevole del contenzioso,  ai dipendenti dell’ufficio legale privi dello status professionale di avvocato.

Tali prassi non è legittima e, come ricorda il parere annotato, vìola il principio generale di onnicomprensività del trattamento economico, principio generale nel pubblico impiego derogabile solo sulla base di una disposizione legislativa.

Inequivocabile sul punto è la disposizione dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui il trattamento economico, determinato ai sensi dei commi precedenti dello stesso articolo, «remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti …., nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa».

E’ da ricordare  anche il parere in data 4 maggio 2005 del Consiglio di Stato – Commissione Speciale Pubblico Impiego, secondo cui  tutti gli incarichi (compresi quelli “intuitu personae” …  e per quali si è affermata la sola possibilità per il dirigente di non accettarne il conferimento) conferiti da un’amministrazione a un proprio dirigente sono remunerati con il trattamento economico complessivamente pattuito per quest’ultimo ragione per cui è illegittimo corrispondere al dirigente compensi ulteriori per gli incarichi conferiti dall’amministrazione di appartenenza o da altri soggetti”.

E’ da ricordare che “una pretesa retributiva sganciata dal rapporto di lavoro è stata ritenuta ammissibile soltanto qualora l’attività posta in essere dal funzionario non fosse per ipotesi riconducibile alla qualifica dallo stesso assunta nell’apparato comunale, o, laddove richiesta e retribuita dall’amministrazione a titolo professionale, soltanto se “ne ricorrano i presupposti legali” e detti incarichi “non costituiscano comunque espletamento di compiti d’istituto” (così T.A.R. Campania 16.2.2007, n. 145 nel richiamare la precedente decisione del C.d.S. V Sez. 2.10.2002, n. 5163).

In conclusione, nessun compenso al collaboratore non avvocato, in quanto la normativa ha operato un chiaro riferimento ai soli dipendenti degli enti pubblici che posseggano lo status professionale di avvocato.

Diversa, invece, la soluzione adottata dal legislatore per gli incentivi ai tecnici: fra i beneficiari dei compensi l’art. 93, comma 7 ter, del d.lgs. n. 163 del 2006 annovera  anche i collaboratori delle figure tecniche elencate nella stessa disposizione (1).

Giuseppe Panassidi


(1) Vedi in questa Rivista la news di Stefania Fabris «Incentivi per la progettazione solo per i soggetti individuati dal codice dei contratti».

 


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