La Terza Sezione della Cassazione, con la sentenza n. 51422 del 11 dicembre 2014, è tornata ad occuparsi della distinzione tra la natura istantanea e permanente del deposito e dell’abbandono incontrollato di rifiuti.


La Suprema Corte di Cassazione interviene sulla natura istantanea o permanente del deposito incontrollato, precisando che si è in presenza di un reato permanente nei casi in cui la condotta di deposito incontrollato segua al mancato rispetto delle condizioni di legge per la qualificazione del medesimo come temporaneo.

A seguito di una pronuncia di condanna del Tribunale di Cassino per il reato di cui all’art. 256, comma secondo[1] del d.lgs. 152/2006, l’imputato adiva la Suprema Corte. La condotta illecita contestata all’imputato, in quanto legale rappresentante di una società, consisteva nel deposito di abbondanti scarti di falegnameria, sul terreno adiacente l’impianto della società, senza un’idonea protezione. In particolare, il difensore dell’imputato chiedeva l’annullamento della sentenza di primo grado, senza rinvio, per l’intervento della prescrizione. Tale motivo è stato accolto dalla Suprema Corte, poiché il termine della prescrizione quinquennale, al momento dell’emanazione della sentenza di primo grado, risultava già decorso.

In merito alla natura istantanea o permanente del reato, la Corte dà continuità al recente orientamento della medesima sezione, contenuto nella sentenza n. 30910/2014, nella quale i Supremi Giudici hanno sottolineato come il contrasto tra gli orientamenti formatisi in merito alla natura permanente o istantanea del deposito incontrollato sia “più apparente che reale”: infatti, ogni volta in cui la condotta di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti sia preventiva ad una qualsiasi attività di futura gestione, questa integra un reato avente natura permanente, la cui antigiuridicità cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori. Invece, nel caso in cui la condotta illecita si connota per una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti, come tale episodica e non propedeutico ad una successiva fase di gestione dei rifiuti, questa esaurisce l’offesa, rivelandone la natura istantanea. Sarà, quindi, fondamentale l’accertamento del giudice, caso per caso, se l’azione di abbandono o deposito sia preordinato o meno alla successiva fase di gestione dei rifiuti.

La sentenza in commento, pur recependo l’orientamento già espresso dalla Suprema Corte con la pronuncia n. 30910/2014, aggiunge, però, un nuovo elemento.

I giudici di legittimità distinguono come la natura di reato istantaneo con effetti permanenti sia ben riferibile alla condotta di abbandono incontrollato di rifiuti, sulla base del presupposto che, vista la sua episodicità, vi debba essere una volontà di dismettere i rifiuti senza una successiva attività di gestione. La condotta, quindi, si esaurisce nel momento dell’abbandono. Infatti, la condotta di abbandono, a differenza del deposito incontrollato, si concretizza nel disfarsi di piccole quantità di rifiuti, in maniera occasionale.

Tuttavia, nella sentenza n. 51422/2014 la Cassazione differenzia dal mero abbandono incontrollato la diversa condotta di “deposito incontrollato” ove legata al mancato rispetto delle condizioni dettate dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 183, comma 1, lett. bb), in tema di deposito temporaneo, segnatamente con riferimento al n. 2 (cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quantitativo di rifiuti in deposito che raggiunge complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi; in ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite in un anno, il deposito temporaneo non può essere superiore ad un anno).

Innanzitutto, a scopo riepilogatio si rammenta che il l’art. 183 lett. bb)) del d.lgs. n. 152/2006 identifica il deposito temporaneo come “il raggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti (…) alle seguenti condizioni:

  1. i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che  regolano  lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
  2. i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una  delle  seguenti  modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con  cadenza  almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.  In ogni caso,  allorché  il  quantitativo  di  rifiuti  non  superi  il predetto limite all’anno,  il  deposito  temporaneo  non  può  avere durata superiore ad un anno;
  3. il “deposito  temporaneo”  deve  essere   effettuato   per categorie omogenee di rifiuti e nel  rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
  4. devono essere rispettate  le   norme   che   disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;
  5. per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;

In sintesi, secondo la Cassazione, quando la condotta di deposito incontrollato consegua alla violazione delle condizioni per essere qualificato come temporaneo, il reato ha natura permanente, quindi, siamo di fronte un’ipotesi di deposito “controllabile”, cui segue l’omessa rimozione nei tempi e modi previsti dalla legge. L’inosservanza delle condizioni richieste dalla legge per il deposito temporaneo integra un’omissione di carattere permanente, la cui illiceità penale si esaurisce solamente con lo smaltimento, il recupero oppure il sequestro dei rifiuti oppure con il sequestro dei medesimi ad opera della polizia giudiziaria.

Alessandra Crepaldi

[1] Art. 256, comma 2 del d.lgs. n. 152/2006 dispone che: “Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari  di  imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano  in  modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque  superficiali o sotterranee in violazione del  divieto  di  cui  all’articolo  192, commi 1 e 2”.


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