Come noto, l’art. 9 del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 e s.m.i., destinato ad operare una razionalizzazione dei soggetti destinati a svolgere il ruolo di stazioni appaltanti per conto, fra gli altri, degli enti locali, ha stabilito al c. 1 che “Nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all’articolo 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, operante presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, è istituito, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, l’elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione, qualora costituita ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”, per poi statuire, al successivo c. 5, che “Ai fini del perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e di servizi, le regioni costituiscono ovvero designano, entro il 31 dicembre 2014, ove non esistente, un soggetto aggregatore secondo quanto previsto al comma 1. In ogni caso il numero complessivo dei soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale non può essere superiore a 35”.
Alcuni dubbi interpretativi erano sorti in merito all’esatta portata della previsione normativa da ultimo richiamata, relativi all’inclusione o non – all’interno del limite numerico sopra indicato e fissato dal legislatore – anche delle centrali di committenza regionali e di Consip S.p.A.: in altre parole, non era chiaro se nel computo del limite di 35 soggetti aggregatori si dovesse o non tener conto anche delle centrali di committenza regionali già esistenti o in corso di costituzione.
Tali dubbi sono venuti meno a seguito della pubblicazione in G.U. n. 15 del 20 gennaio 2015 del D.P.C.M. 11 novembre 2014, recante «Requisiti per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, secondo periodo, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, insieme con il relativo elenco recante gli oneri informativi», emanato a termini di quanto stabilito dal c. 2 del citato art. 9 del d.l. n. 66/2014 (ove era previsto che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata sono definiti i requisiti per l’iscrizione tra cui il carattere di stabilità dell’attività di centralizzazione, nonché i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell’aggregazione e della centralizzazione della domanda»), il quale non solo fissa i requisiti soggettivi, economici e “strutturali” che devono essere soddisfatti dagli enti che ambiscono a svolgere il ruolo di centrale di committenza, ma ne determina anche la (limitata) portata.
In particolare, l’art. 2 («Requisiti per la richiesta di iscrizione all’elenco dei soggetti aggregatori») del predetto D.P.C.M., prevede al c. 2 che «Ai fini dell’iscrizione all’elenco dei soggetti aggregatori, i soggetti di cui alle lettere a) [città metropolitane] e b) [associazioni, unioni e consorzi di enti locali, ivi compresi gli accordi tra gli stessi comuni resi in forma di convenzione per la gestione delle attività ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267] del comma 1, devono nei tre anni solari precedenti la richiesta, avere pubblicato bandi e/o inviato lettera di invito per procedure finalizzate all’acquisizione di beni e servizi di importo a base di gara pari o superiore alla soglia comunitaria, il cui valore complessivo sia superiore a 200.000.000 euro nel triennio e comunque con un valore minimo di 50.000.000 euro per ciascun anno. In sede di prima attuazione del presente decreto, rileva ai fini del possesso del requisito il triennio 2011-2012-2013», per poi chiarire al successivo c. 3 che «Ai fini del possesso del requisito relativo al valore delle procedure di cui al comma 2, si tiene conto anche delle procedure avviate: a) per i soggetti di cui al comma 1, lettera a), dagli enti locali rientranti nell’area territoriale della città metropolitana e delle province; b) per i soggetti di cui al comma 1, lettera b), dai singoli enti locali facenti parte dell’associazione, unione, consorzio o accordi tra gli stessi comuni resi in forma di convenzione per la gestione delle attività».
Ciò significa, in altre parole, che i requisiti economici prescritti dal decreto in commento possono essere soddisfatti anche «dai singoli enti locali» che intendono aggregarsi, nelle forme consentite dalla legge, vale a dire sommando il valore delle procedure avviate nel triennio di riferimento da ciascun ente locale interessato alla potenziale aggregazione.
Tale apparente “apertura” alla costituzione di nuovi soggetti aggregatori viene però in parte mitigata dalla previsione recata dal successivo art. 4 («Selezione delle richieste di iscrizione all’elenco dei soggetti aggregatori») del citato D.P.C.M., il quale, chiarendo l’esatta portata dell’art. 9, c. 5 del d.l. n. 66/2014, stabilisce al c. 2 che «L’Autorità procede, sentita la Conferenza Unificata, all’iscrizione all’elenco dei soggetti aggregatori richiedenti secondo un ordine decrescente basato sul più alto valore complessivo delle procedure avviate ai sensi dell’art. 2, fino al raggiungimento del numero massimo complessivo dei soggetti aggregatori di cui all’art. 9, comma 5, del citato decreto-legge n. 66 del 2014, comprensivo dei soggetti facenti parte dell’elenco ai sensi dell’art. 9, comma 1, del medesimo decreto», vale a dire «l’elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione».
In buona sostanza, ciò significa che nel limite di 35 soggetti aggregatori previsto dall’art. 9 del d.l. n. 66/2014 devono essere ricomprese anche Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione, venendo così limitata (sotto il profilo numerico) la possibilità, per gli enti locali, di istituire propri strumenti in grado di assumere – nell’interesse dei relativi enti locali di riferimento – il ruolo di centrale di committenza.