Veloce analisi di dinamiche “eterodosse” e di clausole di salvaguardia del sistema
L’affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica deve realizzarsi nel rispetto dei sacri crismi dell’ “in house providing” o dell’evidenza pubblica.
Oltre questi confini, c’è il nulla o quasi …
Le possibilità di scartamento laterale, in termini di affidamento diretto “non in house”, sono risicate, se non ridotte al lumicino.
Una, nel merito, è data dalla dimensione di emergenza recata dall’inammissibilità di soluzioni di continuità nell’erogazione di prestazioni esiziali per la tutela di superiori interessi pubblici (quali, l’ambiente e la salute collettiva), seppur non procrastinabile sino “ad grecas calendas” (non oltre i ragionevoli tempi di approntamento – definizione delle procedure di gara o di organizzazione del modulo “in house”; stiamo discettando, quindi, di non più di sei – nove mesi).
L’altra, quella di metodo, ricalca le logiche emergenziali appena elucubrate sul merito: l’art. 94, comma 3 del D. Lgs. n. 159/2011 (c.d. “Codice Antimafia”) consente di non procedere alla revoca dell’affidamento di servizio pubblico locale in corso di svolgimento a gestore (addirittura) colpito da informativa interdittiva antimafia, qualora tale soggetto non sia sostituibile in tempi brevi e le prestazioni da esso erogate siano essenziali per il perseguimento dell’interesse pubblico. Risulta evidente come, anche in questo caso, la “sostanza” finisca col prevalere sulla “forma”: la “formale” interruzione del servizio svolto dall’imprenditore in odore di mafia, potrebbe, difatti, determinare un pregiudizio “sostanziale” all’interesse pubblico, nelle more dell’inevitabile espletamento della procedura di gara sostitutiva.
Ma siamo proprio sicuri che l’alternativa teoricamente approntabile sia solo quella d’avvalersi dello strumento della gara?
Non sarebbe ipotizzabile il ricorso all’art. 140 del Codice dei Contratti Pubblici, sostituendo l’impresa interdetta con il secondo classificato della gara che l’aveva battezzata come vincitrice?
Ebbene, no: il citato art. 140 costituisce disposizione rivestente natura eccezionale, suscettibile di stretta interpretazione, ascrivibile esclusivamente alla sfera dei lavori pubblici e non estendibile a quella dei servizi, a fronte della peculiare collocazione nel codice generale (titolo 3° della parte 2^, contenente disposizioni per i soli contratti di lavori).
Viceversa, non è classificabile come “escamotage” a “tenuta stagna”, l’affidamento diretto del servizio mediante estensione dell’oggetto di un contratto fra terzi (ipotesi ricorrente nel settore della gestione dei rifiuti solidi urbani, ove talora le Autorità d’Ambito finiscono coll’applicare il contratto di servizio a comuni estranei all’originario pacchetto di gara), nonostante la sussistenza di specifica previsione in apposita clausola del contratto medesimo (sub specie di capitolato speciale d’appalto), da ritenersi lesiva dei principi comunitari di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza.
Ed in ogni caso, il sistema è presidiato, se non proprio blindato, dall’interesse degli operatori di settore a ricorrere avverso gli affidamenti diretti, in vista dell’indizione di gare cui sarebbero in astratto abilitati a partecipare.
Siffatto interesse, peraltro, resiste alla contestazione di coeve inadempienze contrattuali in capo al ricorrente, che non possono in alcun modo comportare un difetto di legittimazione attiva ma tutt’al più andranno valutate – da parte della stazione appaltante e colle garanzie di contraddittorio di cui all’art. 38 del codice dei contratti – nell’eventuale gara di futuro svolgimento (proprio quella reclamata); altrimenti, si anticiperebbe inammissibilmente un giudizio di competenza dell’Amministrazione procedente, in eversivo contrasto col divieto per il giudice di pronunciarsi in merito a poteri amministrativi, afferenti alle discrezionalità di amministrazione attiva, non ancora esercitati (trattasi di divieto prescritto dagli artt. 31, comma 3 e 34, comma 2, del Codice del Processo Amministrativo).
Ed infine, cotanto interesse al ricorso persiste pur in assenza di domanda di inefficacia del contratto (evidentemente già partito), concorrendo una sequela di ragioni contro/bilancianti:
– innanzi tutto, nel caso in esame, si integra l’ipotesi della “violazione di maggiore gravità” di cui all’art. 121 del Codice del Processo Amministrativo (ossia, quella dell’affidamento di un appalto mediante indebita procedura negoziata, conglobante senza alcun dubbio l’affidamento diretto senza previa pubblicazione del bando ed implicante disvalore assoluto per lesione del principio essenziale della concorrenza!);
– poi, la domanda di declaratoria d’inefficacia del contratto potrebbe ben proporsi anche nel giudizio di ottemperanza (in termini di accettabile modalità di attuazione del giudicato);
– senza dimenticare l’eventualità del disinteresse alle sorti del contratto, scatenabile da intenti meramente risarcitori.*
Roberto Maria Carbonara, segretario comunale
* Articolo ispirato da: Tar Campania Napoli, sezione prima, sentenza n. 5692 del 5 novembre 2014; Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza n. 5007 dell’8 ottobre 2014; “La proroga imposta del servizio di gestione dei rifiuti”, su “www.moltocomuni.it” del 4 aprile 2013.