Il divieto di assunzione a carico delle province ex art. 16, c. 9, d.l. n. 95-2012, avendo lo scopo di cristallizzare le risorse umane detenute in vista della soppressione dell’ente, è applicabile anche al reclutamento obbligatorio.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 28 luglio 2014, n. 3976, Presidente A. Pajno, Estensore F. Franconiero
Il caso
La vertenza nasce dall’avvio di una procedura per l’assunzione obbligatoria di un centralinista telefonico non vedente, mediante chiamata diretta ex l. n. 113-1985, da parte di una provincia.
In seguito alla sopravvenienza del divieto di assunzione a carico delle province, ex art. 16, c. 9 del d.l. n. 95-2012, il predetto ente revoca l’assunzione.
L’interessato impugna quindi il provvedimento di revoca e chiede la costituzione del rapporto di lavoro davanti al giudice ordinario, il quale, tuttavia, declina la propria competenza affermando che, trattandosi dell’accertamento dell’illegittimità di un provvedimento amministrativo, la cognizione spetta al G.A..
Il Tar Puglia, Bari, con sentenza n. 153-2014, accoglie in parte la domanda del ricorrente affermando che il divieto di assunzione in esame “deve ritenersi inapplicabile alle assunzioni obbligatorie, ex art. 3 , c. 2, l. n. 113-1985, a mente della quale, anche in deroga a disposizioni che limitino le assunzioni, i datori di lavoro pubblici sono tenuti ad assumere, per ogni ufficio dotato di centralino telefonico, un privo della vista iscritto all’albo professionale di cui all’articolo 1 della legge”.
Il medesimo giudice ricorda poi che la procedura oggetto di ricorso risulta avviata precedentemente all’introduzione del divieto ex d.l. n. 95-2012, negando tuttavia la propria giurisdizione in merito all’accertamento del rapporto di lavoro, “trattandosi di pubblico impiego privatizzato, spettante alla giurisdizione del G.O.”.
Contro la predetta sentenza, la provincia propone appello davanti al Consiglio di Stato richiamando la delibera della Corte dei conti, sezione Autonomie locali, n. 25 del 14 ottobre 2013, la quale estende il divieto ex art. 16, c. 9, d.l. n. 95-2012, anche nei confronti degli aventi diritto al collocamento obbligatorio ai sensi della l. n. 68-1999.
Il privato interessato si costituisce in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
La sentenza
Il Consiglio di Stato ritiene il ricorso fondato e lo accoglie.
Innanzitutto il collegio rileva gli errori in cui è incorso il giudice di primo grado in tema di accertamento e/o costituzione del rapporto di lavoro.
In particolare, a suo avviso, la declinatoria di giurisdizione sollevata in primo grado dal G.A, successiva ad analoga statuizione da parte del giudice civile (sentenza del Tribunale di n. 3401 del 28 ottobre 2013), ha dato luogo ad un conflitto di giurisdizione, che il Tar Bari avrebbe dovuto evitare portando la questione davanti alle Sezioni unite della Cassazione ai sensi dell’art. 11, c. 3, d. lgs. n. 104-2010.
Ancora, il giudice di secondo grado, contesta il momento del perfezionamento del rapporto di lavoro individuato dal Tar nella “determinazione di avviamento all’assunzione da parte della provincia”, temporalmente precedente all’introduzione dei divieti assunzionali in esame.
Più precisamente, il collegio nega il perfezionamento, non essendo mai stato stipulato il necessario contratto di lavoro.
In conclusione il Consiglio di Stato statuisce che l’indirizzo della Corte dei Conti richiamato dall’ente, si deve ritenere applicabile anche alle assunzioni di centralinisti non vedenti previste dalla l. n. 113-1985.
Ciò in quanto il divieto ex art. 16, d.l. n. 95, diversamente da analoghi divieti finalizzati al contenimento della spesa pubblica per il personale dipendente, risulta conseguente al riordino “dell’ente provincia”, in vista della sua definitiva abolizione (come confermato dalla sopravvenuta l. n. 56-2014).
In sostanza, nel caso in esame, le norme generali e speciali sulla riforma della province prevalgono su quelle altrettanto speciali, relative al reclutamento dei soggetti non vedenti, anche in base al criterio cronologico.
In particolare, la specialità del divieto di cui all’art. 16, c. 9, va ricondotta alla finalità di cristallizzare la struttura burocratica (nel comparto risorse umane) della provincia, considerando la sua prossima eliminazione.
Conseguentemente il Consiglio di Stato accoglie l’appello e per effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
La valutazione della sentenza
Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato ribadisce l’orientamento già espresso dalla Corte dei Conti in base al quale, nel quadro di riforma delle province, sussiste per le stesse un divieto assoluto di assumere anche i lavoratori rientranti nelle c.d. categorie protette entro la quota d’obbligo di cui alla legge n. 68-1999.
Com’è noto, per gli enti locali, i divieti di assunzione si rinvengono oggi, principalmente, nelle seguenti disposizioni:
- art. 1, c. 557 e seguenti, della legge finanziaria n. 296-2006 che pone un obbligo di riduzione progressiva della spesa per il personale, sanzionato, in caso di mancato rispetto, con il divieto di assunzione a qualsiasi titolo;
- art. 76, c. 4 del d.l. n. 112-2008, che sancisce il divieto di assunzioni a seguito dell’inosservanza degli obiettivi finanziari posti dal Patto di stabilità interno.
Ulteriori divieti sono sparsi in varie norme dell’ordinamento come per esempio in tema di rideterminazione delle dotazioni organiche (art. 6, c. 6, d.lgs. n. 165-2001), di adozione del piano delle azioni tendenti ad assicurare le pari opportunità tra uomini e donne (art. 48, c. 1, d.lgs. n. 198-2006), di ricognizione di eventuali eccedenze di personale (art. 33, d.lgs. n. 165-2001), di adozione del “piano della performance” (art. 10, comma 5, d.lgs. n. 150-2009).
La disposizione di cui all’art. 16, c. 9, del d.l. n. 95-2012, valevole per le sole province, si differenzia dalle norme citate, operanti “a regime”, in quanto introduce una deroga “transitoria” ed eccezionale alle loro facoltà assunzionali.
Ciò in quanto, vista la possibile cancellazione delle province, il legislatore ha ritenuto doveroso cristallizzarne la struttura burocratica. Diversamente ragionando, intervenuta la soppressione, si rischierebbe di imporre l’assunzione di categorie protette già assunte, a enti che a tale obbligo hanno già numericamente adempiuto (Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia della Corte dei Conti, delibera n. 417 del 28 settembre 2012).
Si tratta, dunque, di una disposizione che esula da motivazioni strettamente finanziarie per collocarsi su di un piano di razionalità organizzativa.
Infine si ricorda che la giurisprudenza della Corte dei Conti ha ritenuto non incidenti ai fini del rispetto del divieto di assunzione in esame, gli ingressi in mobilità da altre amministrazioni sottoposte a vincoli assunzionali ex l n. 311-2004 presso la provincia (delibera 417 cit.).
Sull’argomento leggi anche in questa Rivista il contribuito di Giuseppe Panassidi
di Simonetta Fabris