La Cassazione ha confermato, senza la concessione di attenuanti, la condanna a tre anni e quattro mesi per un imputato riconosciuto dai giudici di appello colpevole di avere lanciato pietre e altri oggetti contro agenti di Polizia nel corso degli scontri verificatisi il 15 ottobre 2011 a Roma durante la manifestazione degli “indignati”.
Cass. pen., sez.VI, sentenza 16 luglio 2013 n.3054
Nella circostanza l’imputato, come evidenziato dai giudici d’appello, “insieme a un nutrito gruppo di giovani, poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l’utilizzo di picconi, spranghe sassi e sampietrini, nei confronti delle forze dell’ordine (…) e proseguiva tale condotta pur dopo essere rimasto isolato dagli altri componenti del gruppo”.
L’argomentazione difensiva si fonda, invece, sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione che sarebbero desumibili dalla ritenuta aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. e dalla mancata concessione dell’attenuante ex art. 62 n. 3, pur in considerazione della scarsa rilevanza dei precedenti a carico dell’imputato e delle circostanze di tempo e di luogo, che avrebbero innescato un processo altamente condizionante sotto il profilo psicologico.
L’attenuante in esame è configurabile allorché ricorrano tre presupposti:
a) una moltitudine di persone addensate in un determinato luogo e agitate da passioni che determinino uno stato di eccitazione violenta collettiva;
b) la presenza, in mezzo alla folla, del soggetto agente che non abbia avuto, in precedenza, intenzione di commettere l’illecito;
c) un nesso di causalità psichica tra la suggestione emanata dalla folla e la condotta illecita.
La Suprema Corte esclude, tuttavia, che detti presupposti siano ravvisabili nel caso in trattazione, poiché l’imputato è stato “chiaramente notato dagli operanti mentre, insieme ad un nutrito gruppo di giovani, poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l’uso di picconi, spranghe, sassi e sanpietrini, nei confronti delle forze dell’ordine” e proseguì tale condotta anche quando “rimase isolato dagli altri componenti del gruppo”.
Tale condotta – proseguono i giudici – “non costituisce l’effetto della concomitanza occasionale di plurime e separate iniziative di singoli soggetti, ma il prodotto di un’azione concertata tra i violenti, che avevano evidentemente già deciso la strategia inerente alle azioni di danneggiamento e agli attacchi alle forze dell’ordine”, né “è stato specificato dalla difesa a che punto del pomeriggio e per quale suggestivo sommovimento della folla l’imputato si sia indotto a trasformare l’asserita pacifica sfilata di protesta nell’atteggiamento violento ritratto nelle fotografie in atti”.