Servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Mancato o inefficiente svolgimento del servizio da parte della società pubblica affidataria del servizio. Danno erariale. Sussistenza.

Corte dei conti, Sez. giur. Campania, sentenza 19 ottobre 2012, n. 1626. Pres. Santoro, Rel. Di Cecilia.

Commento: La sentenza in rassegna ritiene che la gestione non efficiente ed efficace del sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, svolto attraverso una società pubblica affidataria del relativo servizio, è causa di danno erariale, costituito e dai maggiori costi che il Comune sostiene per lo smaltimento dei rifiuti differenziati nella discarica comune, e dal mancato introito della rivendita del materiale riciclabile presso i normali canali di reimpiego o riutilizzo.

La pronuncia giunge a tale conclusione mercé la ricostruzione del quadro normativo interno e comunitario, che pone precisi obblighi in capo a diversi soggetti istituzionali – tra cui gli enti locali – in relazione alla gestione del ciclo integrato dei rifiuti*.

In particolare, i comuni sono tenuti, in attuazione di precise e cogenti prescrizioni in materia, a organizzare e a realizzare un efficace sistema di raccolta differenziata dei rifiuti per raggiungere percentuali di raccolta differenziata imposte e previamente definite dalla legge. In difetto, la violazione di tali obblighi, afferenti alla gestione di un servizio pubblico di interesse generale, essenziale e indispensabile (D.M. 28.5.1993), è causa di danno erariale, distinto in due diverse voci di natura patrimoniale.

La prima fattispecie di danno è rappresentata dal “lucro cessante”, vale a dire dai mancati introiti a titolo di corrispettivo ricavabili dalla vendita di materiale raccolto in maniera differenziata, secondo un importo che si ottiene comparando, anno per anno, il reddito minimo potenzialmente realizzabile in base alla legge con gli introiti effettivamente incamerati per il conferimento presso i consorzi di filiera del materiale stesso, per ogni singola frazione merceologica.

Il secondo pregiudizio è costituito dal danno emergente determinato dai maggiori costi sostenuti a titolo di “tariffa smaltimento rifiuti” per il conferimento presso i centri di raccolta di materiale che sarebbe potuto essere destinato proficuamente alla raccolta differenziata per ogni singola annualità, anziché essere trasformato in materiale di bassa qualità o inutilizzabile e che invece ha costituito un peso aggiuntivo per le casse comunali in considerazione della tariffa di smaltimento succedutesi nei diversi periodi.

Di tale danno ne rispondono sia gli amministratori e i dirigenti comunali in carica nel periodo considerato, che gli amministratori e i dipendenti ricoprenti incarichi di rilievo e apicali all’interno della società a capitale interamente pubblico, affidataria del servizio tramite deliberazioni del Consiglio comunale che ha approvato i contratti di servizio, i quali prevedevano espressamente, tra l’altro, il raggiungimento dei livelli di raccolta differenziata via via imposti dalla legge.

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A cura di Marcello Iacubino**

** Magistrato della Corte dei conti

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*L’ordinamento comunitario impone agli Stati membri l’obbligo di recuperare e smaltire i rifiuti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio all’ambiente  vietandone nel contempo l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato. Il compito di individuare l’autorità (o le autorità) competenti incaricate della raccolta, del recupero e dello smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, è stato attribuito agli Stati membri.

Il D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (c.d. decreto Ronchi) e la successiva normativa del 2006 (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, c.d. Codice dell’ambiente), di disciplina in modo organico e sistematico della gestione dei rifiuti solidi urbani, hanno imposto alle amministrazioni locali di ridurre la quantità di rifiuti mediante il reimpiego e il riciclaggio dei rifiuti, garantendo incentivi alle aziende che utilizzano prodotti realizzati con materiale riciclato.

Per quanto concerne la normativa regionale, la L.R. Campania n. 10 del 1993, recante “Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania”, aveva già fissato soglie specifiche di raccolta differenziata.

Il Capo II del decreto Ronchi, poi, nel disciplinare le competenze dei distinti livelli amministrativi inerenti alla gestione del ciclo dei rifiuti, affidava ai Comuni la determinazione delle “modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi” (artt. 21, comma 1°, lettera c, e 23, co. 3), e imponeva loro l’obbligo del raggiungimento di percentuali minime progressivamente crescenti di raccolta differenziata dei rifiuti urbani rispetto al totale dei rifiuti prodotti, da realizzare entro determinate scadenze (art. 24).

Dette percentuali sono poi state ridefinite dalle successive disposizioni legislative contenute nel D.Lgs. n. 152 del 2006 e nella L. n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), in maniera progressiva, da realizzare entro le varie scadenze consecutive, fino a pervenire alla percentuale del 65% entro il 31.12.2012.

Sez. CAMPANIA 1626.12

 


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