Le dismissioni obbligatorie “fisiologiche”
Il legislatore italiano, nel corso dell’ultimo decennio, ha espresso un articolato giudizio di disvalore nei confronti delle società strumentali, a suo dire responsabili dell’inadeguato sviluppo delle dinamiche concorrenziali, a fronte di rendite di posizione, discendenti dagli affidamenti diretti.
Siffatta diffidenza si è esplicitata anche nei commi 27 e 29 dell’art. 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e nel comma 569 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2014, per come modificato dall’art. 2, comma 1, lettera b), del D.L. 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni, dalla Legge 2 maggio 2014, n. 68, il cui combinato disposto implica quanto segue: le pubbliche amministrazioni devono cedere a terzi le società strumentali e le partecipazioni in società strumentali non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, entro il mese di maggio 2015 … L’inutile decorrenza del termine comporterà la perdita di ogni efficacia proattiva delle partecipazioni in argomento, che andranno liquidate in denaro al socio cessato, nei successivi n. 12 mesi, secondo i criteri stabiliti dall’art. 2437 – ter, secondo comma, del codice civile (il valore di liquidazione dovrà essere stabilito dagli stessi amministratori della società, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società, delle sue prospettive reddituali e del valore di mercato delle partecipazioni).
L’analisi di partenza della citata novella legislativa, non può ignorare come le prefigurate sanzioni della cessazione dell’efficacia delle partecipazioni e della conseguente liquidazione coatta, non risultino proprio in totale armonia con l’Ordinamento, portandosi dietro una serie di interrogativi amletici: si perderanno tutti, ma proprio tutti, i diritti e i doveri da socio? In caso di partecipazioni al di sopra della soglia del controllo, come potranno funzionare gli organi societari? In caso di socio unico, come si potranno esercitare i diritti/doveri di voto in assemblea? Si arriverà inevitabilmente alla deliberazione del c.d.A. di liquidazione della società per mancato funzionamento degli organi sociali? Potranno mantenersi in questi frangenti gli affidamenti diretti in house, nonostante la materiale decadenza del controllo analogo? E che fine faranno i doveri di controllo degli azionisti pubblici introdotti dall’Ordinamento delle Autonomie locali ad ottobre/dicembre 2012? La liquidazione coatta delle partecipazioni sarà sempre economicamente sostenibile?
Passando all’altro lato della stessa medaglia, ossia alle partecipazioni da non dismettere, va sottolineato come sia il mantenimento di pregresse partecipazioni sia l’assunzione di nuove partecipazioni societarie, che non incappino nel divieto in argomento, grazie alla stretta pertinenza con i fini istituzionali degli enti, debbano comunque essere espressamente autorizzati dagli organi consiliari con delibera motivata, da trasmettere alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, il tutto ai sensi del comma 28 dell’art. 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per come modificato dall’art. 19, comma 2, lettera a), del D.L. 1 luglio 2009, n. 78.
La tecnica motivazionale “partecipatoria” va in ogni caso fondata sui seguenti capisaldi:
– Elaborazione di dati patrimoniali, finanziari ed organizzativi dell’organismo derivato, particolarmente significativi, ovverosia: risultati contabili/finanziari (entrate/proventi; spese/costi, utili o perdite di bilancio); risultati quali/quantitativi delle attività gestorie svolte;
– Conseguente esposizione di considerazioni afferenti alla dimensione della convenienza economica nello specifico settore di mercato.(1)
In definitiva, tutti e due i versi della medaglia analizzati sono concettualmente sussumibili nell’alveo della seguente massima gius/contabile, risalente, ma non superata dalla vertiginosa evoluzione dei tempi: “Le competenze generali del Comune trovano un limite nelle esigenze di carattere locale ed, in particolare, la capacità d’intervento sul territorio dell’ente locale non può estendersi alle materie di competenza di altro ente pubblico o dello Stato e, ove ciò si verifichi, si realizza un nocumento per l’ente stesso in quanto l’utilizzo di risorse destinate per bilancio a determinate finalità, in materia difforme dalle previsioni, impedisce il perseguimento dei fini previsti ovvero la realizzazione di economie di esercizio” (Corte dei conti, I sezione giurisdizionale centrale d’appello, sentenza n. 300/1991).
Le dismissioni obbligatorie “patologiche”
Il giudizio di disvalore sulle strumentali, ovviamente, si aggrava in caso di perdite strutturali.
Ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 554 e 555 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2014, le società strumentali, a partecipazione pubblica locale maggioritaria (diretta o indiretta), che siano titolari di affidamenti diretti da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80% del valore della loro produzione (del c.d. fatturato), a decorrere dall’esercizio finanziario 2017, devono essere poste in liquidazione entro n. 6 mesi dalla data di approvazione del bilancio o del rendiconto relativo al precedente esercizio, qualora si acclarino in risultato negativo su quattro dei cinque esercizi precedenti.
La mancata ottemperanza del precetto legislativo (il mancato avvio della procedura di liquidazione nei termini), è sanzionato con la nullità dei conseguenti atti di gestione, la cui assunzione comporta, peraltro, l’automatica responsabilità erariale dei soci.
Le dismissioni facoltative
Ad ogni modo, lo scioglimento delle società partecipate può anche essere facoltativo ed anticipato rispetto al limite di scadenza indicato nello statuto e pubblicato nei registi tenuti dalla C.C.I.A.A.
Difatti, la scelta di procedere alla liquidazione anticipata di una società pubblica è sempre e comunque rimessa alla volontà discrezionale dell’ente che l’ha costituita, abilitato in ogni momento a decidere di sciogliere la società creata, al pari di quanto può accadere in un’ordinaria società di diritto privato.
Ovviamente, la ponderazione dell’opportunità di scioglimento anticipato è meglio motivata, se agganciata ad un piano di ristrutturazione e razionalizzazione delle partecipazioni societarie dell’ente, da fondarsi sulla ricognizione sia del rispetto degli obblighi di legge sia delle esigenze strategiche e di risparmio della spesa pubblica.(2)
Anzi, il comma 568 bis della Legge di Stabilità 2014, inserito dall’art. 2, comma 1, lettera a-bis, del D.L. 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 2 maggio 2014, n. 68, promoziona gli scioglimenti e le dismissioni societarie facoltativi, incentivandoli fiscalmente, purchè vengano attivati sempre entro il mese di maggio 2015.
Le suddette incentivazioni fiscali si concretizzano,
per gli scioglimenti tout court in:
– esenzione da imposizione fiscale degli atti e delle operazioni attuative riversati a favore delle pubbliche amministrazioni proprietarie, ivi incluse le imposte sui redditi e l’I.R.A.P., ad eccezione dell’I.V.A.;
– applicazione in misura fissa delle imposte di registro/ipotecarie/catastali;
– ove lo scioglimento riguardi una società controllata indirettamente, scorporo delle plusvalenze realizzate in capo alla società controllante dalla formazione dei relativi reddito e valore della produzione netta; contestuale deducibilità delle minusvalenze apportate dall’operazione nell’esercizio in cui sono realizzate e nei quattro successivi;
per le mere alienazioni in:
– scorporo delle plusvalenze dalla formazione del reddito e del valore della produzione netta, ai fini delle imposte sui redditi e dell’I.R.A.P.;
– deducibilità delle minusvalenze nell’esercizio in cui sono realizzate e nei quattro successivi.
In proposito, la stampa specializzata, memore delle procedure d’infrazione UE subite dall’Italia per presunti aiuti di stato in subiecta materia, suggerisce di procedere immediatamente ad una notifica preventiva alla Commissione Europea, ai sensi dell’art. 108 del Trattato di funzionamento, in modo da chiarire inequivocabilmente l’insussistenza di finalità di conferimento di aiuti di stato sul breve periodo e nel contempo sostenere la configurazione di benefici da medio periodo a vantaggio della finanza pubblica, proprio grazie alle razionalizzazioni societarie.
Il superamento delle piste dismissorie inutilmente battute
A completamento del quadro normativo, va evidenziata l’intervenuta abrogazione dell’art. 14, comma 32 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella Legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni, ad opera del comma 561 della Legge di Stabilità 2014: sono, quindi, venute meno le limitazioni legali alla capacità degli enti locali di costituire società in funzione della quantità della popolazione residente (nessuna società sotto i 30.000 abitanti; una sola società sino a 50.000 abitanti; connessi obblighi dismissori secondo tempi contingentati).
In altri termini, il Legislatore ha finito col riconoscere il fallimento delle precedenti politiche di pesante invasione dell’autonomia decisionale dei comuni “minori” (peraltro, la stragrande maggioranza), preordinate alla drastica riduzione del numero delle società partecipate e deputate ad assecondare le pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica entro i parametri imposti dall’UE, a causa della massiva inosservanza da parte dei comuni medesimi e dell’insostenibilità di ferree risposte centrali: il sistema non avrebbe mai potuto reggere migliaia di processi amministrativo/contabili, a carico di infiniti amministratori e dirigenti locali, a più livelli e sotto svariati profili (innanzi tutto, diversità di atteggiamenti delle distinte procure regionali della Corte dei conti e rischio di tilt organizzativo/logistico/funzionale in seno alle stesse e agli organi giudicanti; ma soprattutto, messa in discussione della coesione politico/territoriale del Paese).
Fotografata in tal modo la situazione, si è deciso di ricorrere al deus ex machina, in questo caso rappresentato dall’Alto Commissario per la “spending review”, che, ai sensi dell’art. 23 del D.L. 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni, dalla Legge 2 maggio 2014, n. 68, dovrà impostare il riordino e la riduzione della spesa delle società controllate dalle amministrazioni locali, proponendo, entro il 31 ottobre 2014, un programma di razionalizzazione, da imperniare sulle seguenti direttrici:
– liquidazioni o trasformazioni per incorporazione/fusione, in ragione di dimensioni ed ambiti ottimali di funzionamento;
– efficientamento della gestione, secondo coefficienti da ricavare anche dalla comparazione con gli altri operatori di mercato;
– cessioni di rami d’azienda o di personale ad altre società, anche a capitale privato, implicanti altresì il trasferimento di funzioni e servizi.
La cessione delle quote di partecipazione
Ma, al di là delle ipotesi in cui si riesce ad addivenire a vere e proprie liquidazioni, come si fa a cedere le mere quote di partecipazione? Ora lo vediamo …
L’operazione di cessione di partecipazioni sociali pubbliche rientra nella categoria dei “contratti attivi” della pubblica amministrazione (contratti dai quali deriva un’entrata per la P.A.).(3)
Conseguentemente, non è possibile rinvenire una compiuta disciplina dell’istituto in esame all’interno del Codice degli Appalti Pubblici, afferente ai “contratti passivi”, dai quali viceversa deriva una spesa per la p.a.
Ad ogni modo, la prassi applicativa trae dal Codice diversi spunti, a fronte degli immanenti principi di evidenza pubblica che devono guidare la fattispecie, ossessivamente ripetuti anche dalla più recente legislazione.
L’applicazione analitica di siffatti principi trova comunque ulteriori e specifici riscontri, nei seguenti testi normativi:
– art. 3 del R.D. 2440/1923, recante la “Legge Generale di Contabilità dello Stato”, in forza del quale i contratti dai quali derivi un’entrata per la pubblica amministrazione devono essere preceduti da pubblici incanti, salve peculiari eccezioni appositamente tipizzate dall’Ordinamento;
– art. 37 del R.D. 827/1924, recante il “Regolamento della Contabilità dello Stato”, in forza del quale i contratti dai quali derivi un’entrata per la pubblica amministrazione devono essere preceduti da pubblici incanti, con salvezza delle eccezioni di cui al capoverso precedente;
– art. 81 del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea, posto a presidio della tutela della concorrenza e del mercato, che vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità e concernente la libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi o la libera circolazione delle merci.
In definitiva, l’evidenza pubblica, nel caso de quo, si presta a:
a) selezionare il contraente più affidabile;
b) garantire la par condicio tra tutti gli aspiranti contraenti;
c) cedere al prezzo più conveniente le quote partecipative, tenendo anche conto dell’equilibrio finanziario di amministrazione societaria.
Le eccezioni tipizzate ai principi dell’evidenza pubblica e della massima concorsualità, sono riconducibili, ai sensi degli artt. 6 della Legge sulla Contabilità dello Stato e 41 del relativo Regolamento di esecuzione, alla seguente casistica:
– pubblico incanto andato deserto (o che plausibilmente sarebbe andato comunque deserto, sulla scorta di fondate prove!), ovvero …
– ricorrenza di circostanze speciali ed eccezionali, da far risultare nella parte motiva dei provvedimenti aggiudicatori.
Il travalicamento di questo ristretto recinto (ad esempio, con la vendita diretta di una partecipazione societaria detenuta dal comune, senza una preventiva delibera autorizzativa ed esplicativa delle circostanze legittimanti la trattativa privata), comporta inevitabilmente la responsabilità amministrativo/contabile degli attori locali.(4)
Conseguentemente, le fasi della procedura di dismissione diretta della partecipazione da parte dell’ente socio, sono di norma riconducibili a:
a) l’attenta stima del valore aziendale da cedere, anche per garantire che il bilancio sociale di riferimento rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società … La perizia di quotazione può essere o direttamente compiuta all’interno dell’ente cedente o affidata all’esterno, a seconda della complessità della partecipazione e/o della situazione finanziaria della società;
b) la delibera autorizzatoria della cessione, di competenza del Consiglio, ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. e) del TUOEL (appartiene alla competenza esclusiva del consiglio la partecipazione dell’ente locale a società di capitali) (5) … Consente di illustrare le ragioni di pubblico interesse della scelta … L’eventuale sua mancanza determinerebbe l’illegittimità di tutti gli atti della sequenza procedimentale in chiave scalare/derivata … Trattasi di atto di alta amministrazione, ad evidente ricaduta tecnico/contabile, per cui vanno acquisiti (sulla proposta di deliberazione) i corrispondenti e preventivi pareri dirigenziali, di cui all’art. 49, comma 1 del TUOEL;
c) la gestione della procedura di asta pubblica, di stretta pertinenza dirigenziale, ai sensi dell’art. 107, comma 3 del TUOEL … La presentazione delle offerte da parte dei candidati acquirenti, va corredata con l’attestazione del possesso dei requisiti di capacità a contrattare con la pubblica amministrazione di cui all’art. 38 del Codice degli Appalti, applicabile anche alle gare preordinate alla stipula di contratti attivi per l’inscindibile connessione con esigenze di legalità formale (6) … L’ordinario criterio di aggiudicazione è rappresentato dal metodo delle offerte segrete in aumento rispetto al prezzo unitario a base d’asta, con l’esclusione delle offerte alla pari o in ribasso, secondo quanto previsto dagli artt. 73, lett. c) e 77 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 … L’aggiudicazione può avvenire anche a favore dell’unica offerta valida presentata, purchè superiore alla base d’asta.
Tuttavia, alle più semplici procedure di dismissione diretta, si affiancano concettualmente le complesse procedure di dismissione indiretta, basate sullo spacchettamento della società in ambiti distinti e sulla conduzione “a valle” da parte della stessa società.
Negli ambiti indiretti, la delibera consiliare di indirizzo strategico e programmatico, “a monte”, dispone:
– la costituzione di una “Newco”;
– il conferimento di un dato ramo di azienda della società originaria alla neo/costituenda “Newco”;
– la vendita della “Newco”, recante in pancia il conferimento di cui sopra, da parte della società originaria – conferente, secondo una procedura di gara;
– l’attribuzione di ampio mandato al Rappresentante Legale della Pubblica Amministrazione locale di riferimento, affinchè in sede di assemblea della società originaria – conferente, si consegua a quanto già deliberato dall’ente locale.
La prassi applicativa delle dismissioni indirette conosce la gara di vendita della “Newco” in chiave di procedura ristretta, previa pubblicazione del bando di gara a livello nazionale o comunitario, a seconda dei valori in gioco, ricorrendo al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Siffatta procedura è scansionabile nelle seguenti fasi:
1) pubblicazione del bando, recante la definizione dei criteri di ammissione alla procedura, che in qualche modo modella i potenziali acquirenti, oltre che l’invito al pubblico a manifestare interesse;
2) verifica delle istanze di partecipazione, con individuazione dei candidati requisitati,
3) invio della lettera d’invito alla procedura ristretta ai requisitati, con contestuale messa a disposizione del disciplinare di gara, degli schemi di offerta, dello schema del contratto di cessione, ecc.;
4) presentazione di offerta vincolante da parte dei candidati invitati, e contestuale esame della regolarità amministrativa della documentazione presentata;
5) valutazione delle offerte vincolanti e conseguente aggiudicazione.
Il cuore della procedura si manifesta in terza fase con la “data room”, sorta di dialogo informativo, procedimentalizzato e formalizzato, nel corso del quale i concorrenti analizzano, sotto vincolo di riservatezza, la documentazione societaria necessaria a formulare quesiti di approfondimento, consapevolizzarli dei rischi dell’operazione (in modo da esonerare da responsabilità pre/contrattuali o contrattuali il venditore) ed in definitiva metterli in condizione di calibrare millimetricamente l’offerta.
A completamento del quadro d’insieme ed in chiusura di trattazione, va evidenziato come entrambe le procedure dismissorie (diretta ed indiretta) debbano confrontarsi e siano permeate dai seguenti ambiti:
– divieto di rinegoziazione delle condizioni contrattuali cristallizzate negli atti di gara, sia se imposte dalla legge sia se discrezionalmente determinate dalla stazione appaltante, onde evitare alterazioni al regolare svolgimento della concorrenza tra imprese, in violazione dei principi comunitari in materia, oltre che la compromissione dell’interesse generale alla certezza ed alla stabilità dei rapporti giuridici nonché dell’interesse particolare alla par condicio dei concorrenti … In termini più arguti, a seguito dell’indizione della procedura di gara, l’ente procedente perde la disponibilità del contenuto del rapporto contrattuale e, quindi, la capacità di convenire con la controparte condizioni diverse da quelle conosciute dai partecipanti al confronto concorrenziale (con conseguente invalidità di accordi di tal fatta) (7);
– sussistenza di clausole di prelazione, che impongano al socio cedente di preferire nella vendita i soci esistenti, a parità di condizioni di acquisto concordate con il terzo interessato … La prelazione ha natura pattizia e può discendere o dallo Statuto Societario, ed in questo caso ha efficacia erga omnes, il che determina l’inopponibilità dell’eventuale vendita violativa, con effetto bloccante dei diritti di socio a scapito del terzo cessionario … Ovvero da patti parasociali, costituenti una mera obbligazione della p.a. stipulante, che pertanto è tenuta a risarcire agli altri stipulanti – soci originari i danni causati in eventuale sede violativa … L’esercizio del diritto di prelazione deve perfezionarsi nel periodo intervallare intercorrente tra l’aggiudicazione provvisoria e l’aggiudicazione definitiva, entro un lasso di tempo ben determinato e precostituito … L’aggiudicazione definitiva è evidentemente subordinata al suo mancato esercizio … Il rispetto dei principi generali di trasparenza in materia di gare ad evidenza pubblica, impone alle regole di partecipazione alla gara di definire con nettezza e chiarezza l’esistenza del diritto di prelazione, la sua fonte, i termini e le modalità di attivazione della prelazione a vantaggio dei soci esistenti;
– sussistenza di clausole statutarie di gradimento, consistenti nella manifestazione, da parte di organi sociali specificatamente individuati (assemblea, amministratori, singoli soci), di una volontà positiva cui sia subordinato l’ingresso di un nuovo soggetto … Ai sensi dell’art. 2355 bis del codice civile, il “mero” gradimento (quello esprimibile senza l’adduzione di alcuna motivazione, e dunque insindacabile nel merito) deve essere controbilanciato, a pena di inefficacia, dall’obbligo della società o del socio che neghi il gradimento, di riscattare la partecipazione societaria investita dall’offerta di vendita, nel rispetto dei valori dell’ipotesi di vendita o derivabili dal recesso del cedente … La trasposizione delle prescrizioni civilistiche nella dimensione della gara pubblica, consente al socio pubblico che intenda alienare, di ottenere comunque (dalla società o dal socio “respingente”) gli importi maturati in seno alla gara ovvero, in alternativa, la liquidazione del valore reale della sua partecipazione (simil/recesso) … Non può negarsi come la presenza di clausole di gradimento ostacoli oggettivamente e pesantemente la libera circolazione delle quote societarie; tuttavia, all’attuale stato dell’arte, non esime dall’incardinazione di procedure di evidenza pubblica, non saltabili a piè pari con pilatesche trattative private; difatti, è innegabile che le procedure di gara servono almeno a configurare le soglie di mercato di riferimento, indispensabili per misurare adeguatamente i valori retrostanti e profferti per il mancato gradimento (8) (9) .
Roberto Maria Carbonara, segretario comunale
(1) Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Sardegna, deliberazione n. 25 dell’11 aprile 2014.
(2) Tar Lombardia Brescia, sezione II, sentenza n. 423 del 23 aprile 2014.
(3) Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 494 del 20 novembre 2013.
(4) Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, sentenza n. 1375 del 31 ottobre 2005.
(5) Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 2699 del 4 maggio 2004.
(6) Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 494 del 20 novembre 2013.
(7) Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n. 1402 del 12 marzo 2012; Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 4167 del 14 luglio 2003; Circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il Coordinamento delle Politiche Comunitarie, del 15 novembre 2001 e del 23 febbraio 2000; parere del Consiglio di Stato, Commissione Speciale, 12 ottobre 2001, n. 1084; Parere della Commissione CE, 23 marzo 1998, reso ex art. 169 del Trattato.
(8) Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, sentenza n. 1375 del 31 ottobre 2005.
(9) Il paragrafo n. 5 è ispirato dal modello didattico approntato dallo studio legale “Lombardo & Associati”.