La commissione che inibisce l’accesso alla sala di svolgimento della prova orale ai candidati da esaminare opera una limitazione illegittima alla pubblicità delle sedute di concorso.
Consiglio di Stato, sede giurisdizionale, sezione terza, 7 aprile 2014, Presidente G. Romeo, Estensore A. Dell’Utri
Il caso
La vicenda nasce dall’indizione di un concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno e determinato di due posti di collaboratore amministrativo, cat. D, presso un’ASL.
I due ricorrenti di primo grado superano gli scritti ma non le prove orali alle quali hanno potuto assistere i soli candidati via via esaminati ma non quelli in corso d’esame, per espressa previsione della commissione giudicatrice.
Conseguentemente, essi impugnano gli atti concorsuali lamentando uno svolgimento degli orali non rispettoso del principio di pubblicità delle sedute, in violazione dell’art. 6, c. 5, del d.P.R. n. 487 del 1994 e dell’art. 16 del d.P.R. n. 220 del 2001.
Il Tar Pescara, con sentenza n. 496 del 18 ottobre 2013 accoglie il ricorso e annulla le prove orali e la graduatoria finale, ordinando all’amministrazione di ripetere la suddetta prova per tutti i candidati idonei agli scritti, nominando una nuova commissione giudicatrice.
I soggetti vincitori e idonei, ormai assunti, appellano la predetta sentenza di fronte al Consiglio di Stato, eccependone l’erroneità.
In particolare essi affermano che le procedure di reclutamento del personale del servizio sanitario nazionale non sarebbero disciplinate dalla normativa generale sui concorsi pubblici di cui al d.P.R. n. 487 del 1994, come sostenuto dal Tar, ma esclusivamente dal d.P.R. n. 220 del 2001 il quale prevedrebbe lo svolgimento della prova orale in aula aperta al pubblico, intendendo con questo solo soggetti terzi e non anche “i candidati”.
Ancora, la limitazione alla visione degli orali, sarebbe giustificata dalla predisposizione, da parte della commissione, di poche domande da estrarre a sorte, a garanzia dell’equivalente difficoltà e della maggior omogeneità dei giudizi valutativi, nonché dalla volontà di impedire che i candidati da esaminare assistessero alle prove di coloro che avessero estratto i medesimi quesiti.
L’Asl, costituita in altro giudizio autonomo, chiede di far salva la posizione dei due vincitori, affermando la carenza di interesse degli istanti di primo grado i quali, anche superando le nuove prove orali, visti i punteggi ottenuti negli scritti, non si collocherebbero comunque in posizione utile. Peraltro, la prova sarebbe stata inficiata solo se si fosse svolta con totale preclusione alla possibilità di assistervi per chiunque.
La sentenza
Il Consiglio di Stato, riuniti gli appelli, ritiene entrambi infondati e conferma la pronuncia di primo grado.
In particolare, esso respinge l’eccezione sul difetto di interesse dei due ricorrenti di primo grado ricordando che la rinnovazione degli orali va fatta anche nell’interesse degli altri soggetti, idonei agli scritti, i quali, ottenendo un punteggio maggiore, potrebbero ambire a ricoprire i posti a concorso.
Secondo i giudici tale modalità di svolgimento degli orali è illegittima alla luce delle più basilari regole di trasparenza, imparzialità e buon andamento come previste dall’art. 6, c. 4, del d.P.R. n. 487-1994 (per cui “le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”) , ma anche dagli artt. 7, c. 5, e 16, c. 2, del d.P.R. n. 220-2001 (per cui la prova orale deve svolgersi in un’aula o sala “aperta al pubblico”).
Più precisamente l’accesso alla sala va garantito a chiunque voglia assistere alle prove, quindi non soltanto a “terzi” estranei, bensì e soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che debbano sostenerlo . Ciò in quanto ogni concorrente è titolare di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri, ivi compresa l’estrazione a sorte dei quesiti, al fine di verificare di persona il corretto operare della commissione e l’assenza di parzialità nei propri confronti.
Inoltre, a fronte delle predette regole, l’argomentazione in base alla quale la visione degli orali è stata limitata ai concorrenti già escussi per evitare che gli altri potessero ascoltare le domande poste e le risposte fornite, stante l’esiguità dei quesiti predisposti, non regge.
Infine, ad avviso del collegio, l’ampiezza materie previste all’orale (concernente il diritto amministrativo, la legislazione sanitaria, l’organizzazione delle aziende sanitarie, la responsabilità dei pubblici dipendenti, la tutela della privacy, oltre che elementi di informatica e di lingua inglese o francese) avrebbe permesso alla commissione di definire più e diverse domande da sottoporre ai candidati, di equivalente difficoltà.
Per tali ragione l’appello è rigettato.
La valutazione della sentenza
Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato interviene sulla questione della pubblicità delle prove orali dei concorsi pubblici.
In proposito il Tar Trento, nella sentenza n. 20 del 23 gennaio 2013 ha ricordato che la giurisprudenza ritiene irrilevante, ai fini della legittimità della procedura concorsuale, che la porta del locale, nel quale si svolge l’orale del concorso, sia rimasta materialmente chiusa o aperta, se non risulti che sia stata impedita la libera accessibilità all’aula d’esame ai terzi estranei (Consiglio Stato, sez. VI, 3 agosto 1989, n. 986; Tar Brescia, 26 agosto 1997, n. 873; Tar Toscana sez. III, 11 ottobre 1993, n. 275; Tar Liguria, 13 maggio 1985, n. 236).
Ancora, in tema di prove orali, il Tar Campania, Napoli, nella sentenza n. 14 del 3 gennaio 2007, ha precisato che la commissione esaminatrice, alla luce dell’obbligo di motivazione nei pubblici concorsi previsto dall’art. 3 della l. n. 241-1990, non è tenuta a trascrivere le risposte fornite dai candidati, essendo sufficiente la verbalizzazione della concreta modalità di espletamento della prova, che può essere assolta anche con la semplice annotazione delle domande formulate al candidato. Al riguardo, l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario, ormai consolidato (Consiglio di Stato, 7 maggio 2005, n. 900; 7 maggio 2004, n. 2881; 17 dicembre 2003, n. 8320; 1 marzo 2003, n. 1162) ritiene che, a differenza della motivazione provvedimentale, l’obbligo prescritto dalla l. n. 241, per i pubblici concorsi, può ritenersi assolto mediante l’attribuzione di un punteggio numerico, il quale si configura come formula sintetica di valutazione tecnica, avente natura di atto interno all’iter di formazione del giudizio finale sul candidato.
Infine, il Tar Sicilia, Catania, sez. IV, nella sentenza 11 luglio 2013 n. 1994, sulle prove orali per conseguire l’abilitazione forense, ha precisato che le domande poste al candidato devono essere estratte a sorte sulla base di quesiti predeterminati e che il mancato previo sorteggio tra queste, contrasta con l’art. 12 del d.P.R. n. 487-1994, nonché “con i principi di trasparenza e di parità di trattamento dei candidati che presiedono allo svolgimento delle procedure concorsuali”.
di Simonetta Fabris