L’interesse dell’Amministrazione alla rimozione di situazioni pregiudizievoli, tradottosi in uno spostamento del personale per incompatibilità ambientale, prevale su quello del dipendente a non essere trasferito per l’assistenza del familiare disabile
Consiglio di Stato, Sezione terza, sentenza 7 marzo 2014, n. 1073 – Presidente Romeo, Estensore Noccelli
Il caso
Un dipendente del Ministero dell’Interno è trasferito d’ufficio ad altra sede di lavoro per ragioni di incompatibilità ambientale. In disaccordo con la nuova assegnazione, ricorre al Tar.
L’interessato eccepisce l’illegittimità del trasferimento, che a suo giudizio:
a) riposerebbe su dati fattuali erronei;
b) non specificherebbe, in concreto, la situazione di incompatibilità, limitandosi ad affermazioni generiche e fumose;
c) non valuterebbe l’interesse del lavoratore, anche attraverso opzioni alternative di sedi meno disagiate;
d) ignorerebbe il diritto del ricorrente a non essere trasferito, senza consenso, dalla sede individuata come idonea a prestare assistenza continuativa al parente disabile.
Il Tar del Salerno rigetta il ricorso e il ricorrente propone appello al Consiglio di Stato.
La sentenza
In appello, tra i motivi di censura della sentenza di primo grado, Il lavoratore solleva la mancata valutazione delle esigenze personali e familiari e, in particolare, di quelle connesse all’assistenza del parente disabile, in violazione dell’art. 33, comma 5, della L. 104/1992, nonché delle presenza di tre figli minorenni.
In più, un trasferimento in una sede distante oltre 200 km da quella originaria, e dal luogo di residenza, assumerebbe una connotazione intollerabilmente sanzionatoria.
Sul punto, il Consiglio di Stato sottolinea che il decreto di trasferimento reca una compiuta ed esauriente esplicitazione delle ragioni che hanno giustificato lo spostamento per incompatibilità ambientale.
La decisione dell’Amministrazione è conseguente all’esercizio dell’azione penale nei confronti del dipendente, per una serie di reati in cui questi sarebbe incorso, ovvero:
– l’aver denunciato un sinistro mai accaduto nonché falsificato il referto ospedaliero al fine di conseguire un risarcimento per le lesioni e danni;
– in occasione della richiesta di iscrizione all’albo degli Avvocati, l’aver attestato falsamente l’insussistenza delle incompatibilità previste dalla legge, omettendo di rappresentare la sua qualità di pubblico ufficiale;
– l’aver presenziato, in qualità di avvocato, alla perizia di un’autovettura, violando il disposto di cui all’art. 50 del DPR 335/1982, che fa obbligo al pubblico impiegato di non esercitare alcuna professione.
Il Consiglio di Stato ritiene, quindi, che il decreto impugnato ben chiarisca le gravi e reiterate condotte […] che hanno determinato nocumento all’immagine ed al prestigio dell’Amministrazione, facendo venir meno, nei confronti del dipendente, quella necessaria fiducia di cui ogni appartenente deve sempre godere nell’ambiente in cui opera, stante la peculiarità dei servizi svolti.
Tale trasferimento appare dunque sorretto da elementi logici e chiari, idonei ad offuscare la specifica figura professionale del lavoratore ed a gettare ombre nocive, per il tramite della sua persona, al prestigio dell’amministrazione e alla funzionalità dell’esercizio delle funzioni di istituto (ex plurimis, Cons. St., sez. III, 11 luglio 2013, n. 3739).
Peraltro, benché il procedimento penale a carico dell’interessato per i fatti addebitatigli si sia concluso con un’archiviazione, l’Amministrazione resta pur sempre libera di valutare quei medesimi fatti per trarne elementi utili a focalizzare un’eventuale situazione di incompatibilità ambientale.
Ma non basta. L’incompatibilità ambientale può prescindere anche da ogni eventuale addebito disciplinare,come nel caso di specie, nel quale la sanzione disciplinare è venuta meno per decisione dell’autorità giudiziaria a seguito di archiviazione.
In sintesi, le vicende processuali penali, salvo che si concludano con un accertamento di insussistenza dei fatti o della loro inascrivibilità al soggetto, non precludono all’Amministrazione l’apprezzamento discrezionale dei comportamenti del dipendente al fine di adottare un trasferimento per incompatibilità ambientale (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 4 luglio 2012, n. 3921).
Il collegio sottolinea, infatti, che i fatti penalmente rilevanti contestati al lavoratore permangono in tutta la loro allarmante rilevanza, assieme alle altre condotte menzionate, capaci, già in sé sole, di appannare la sua figura e di motivarne fondatamente lo spostamento ai sensi dell’art. 55 del DPR 335/1982.
Ma vi è di più. L’ appellante deduce anche la violazione dell’art. 33, comma 5, della L. 102/1994 per l’illegittimità di un trasferimento ad oltre 200 km dalla sua sede di servizio e dal luogo di residenza.
In proposito, il Consiglio di Stato ricorda di aver già chiarito che il provvedimento di trasferimento:
– non deve esplicitare i criteri con i quali sono stati determinati i limiti geografici della incompatibilità e, comunque, la più opportuna nuova dislocazione del proprio dipendente (V., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 29 ottobre 1987, n. 644, e Cons. St., sez. III, 2 settembre 2013, n. 4368)
– non può essere condizionato alla situazione personale e familiare del dipendente, la quale recede di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’Amministrazione (Cons. St., sez. VI, 21 marzo 2006, n. 1504; Cons. St., sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1913).
Ciò premesso, l’Amministrazione ha comunque congruamente motivato le ragioni che giustificano l’allontanamento dal territorio di servizio, il quale, per la gravità e la reiterazione delle condotte contestate, è ben lungi dall’apparire sanzionatorio o dal tradire un larvato disegno punitivo.
A questo si aggiunga che i giudici di Palazzo Spada non accolgono nemmeno la doglianza sulla mancata considerazione delle peculiari esigenze di assistenza ai famigliari.
Questo perché la situazione giuridica soggettiva riconosciuta al dipendente dall’art. 33, co. 5, della L. 104/1992, pur se posta a tutela dell’assistenza al parente disabile, è subordinata alle necessità organizzative dell’Amministrazione.
In altre parole, il rilevante valore del sostegno al parente inabile assume la valenza di interesse legittimo, non di diritto soggettivo assoluto, sicché esso deve necessariamente contemperarsi con le preminenti esigenze dell’ente pubblico (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 565).
Ne deriva che il legittimo interesse del lavoratore a non essere trasferito, senza il proprio consenso, per l’assistenza ai propri parenti, a norma dell’art. 33, co. 5, della L. 104/1992, recede di fronte a quello dell’Amministrazione alla salvaguardia del proprio prestigio e alla rimozione di conseguenze per essa pregiudizievoli.
In conclusione il Consiglio di Stato conferma la sentenza impugnata e respinge il ricorso.
Il commento
Il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale, per consolidata giurisprudenza, non ha natura disciplinare, ma solo cautelare.
Lo stesso, infatti, non presuppone il compimento di comportamenti contrari ai doveri d’ufficio ed è condizionato solo alla valutazione, ampiamente discrezionale, di fatti che possano far ritenere nociva per il prestigio, il decoro o la funzionalità dell’ufficio, la permanenza del dipendente in una determinata sede (Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 2003, n. 3026; Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4256; Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 1998, n. 865).
Sulle valutazioni che l’amministrazione deve operare, prima di procedere con uno spostamento di siffatta sorta, si registrano poi le seguenti posizioni, a volte discordanti, dei Tar e del Consiglio di Stato.
Secondo Il TAR Puglia-Lecce, sez. III, “Il trasferimento per incompatibilità ambientale, che ha lo scopo di tutelare il prestigio ed il corretto funzionamento degli uffici pubblici e di garantire la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa, deve essere adottato valutando e contemperando le esigenze personali e di famiglia dell’interessato con l’interesse pubblico al trasferimento” (sentenza 30 ottobre 2007, n. 3696).
Mentre, il Consiglio di Stato ha precisato che “E’ legittimo il trasferimento per incompatibilità ambientale disposto nei confronti di un dipendente pubblico, qualora la sua permanenza in una determinata sede sia nociva per il prestigio, il decoro o la funzionalità dell’ufficio di appartenenza. D’altra parte l’impossibilità di riconoscere a tale procedimento un carattere sanzionatorio o disciplinare comporta che siano del tutto ininfluenti i successivi sviluppi di carriera del dipendente o l’eventuale successiva attribuzione allo stesso di incarichi di particolare rilevanza, che non incidono sulle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione al precedente trasferimento e che quindi non determinano in alcun modo una qualche carenza di interesse da parte dell’Amministrazione stessa a veder confermata, in sede giurisdizionale, la legittimità della sua precedente, contestata, attività” (sez. III, sentenza 16 dicembre 2011, n. 6623).
Ancora, “Il trasferimento per incompatibilità di un agente di P.S. non postula necessariamente un diretto rapporto di imputabilità di specifici fatti e comportamenti addebitabili al medesimo, essendo sufficiente a tal fine l’oggettiva sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell’Amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza in loco del dipendente in questione e, dall’altro, suscettibile di rimozione attraverso l’assegnazione del medesimo ad altra sede; principio questo che assume particolare consistenza quando venga riferito, come nella specie, al trasferimento di un dipendente della Polizia di Stato, ipotesi questa in cui si configurano in capo all’Amministrazione più ampi e penetranti poteri discrezionali in funzione di tutela di particolari e preminenti interessi pubblici volti ad assicurare la convivenza civile” (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 388).
Da ultimo, “Il trasferimento per incompatibilità ambientale dei dipendenti pubblici può essere disposto solamente in relazione: a) a fatti e/o comportamenti anche nella vita privata che violino i principi dell’onore e del decoro e che per la loro risonanza ledano il prestigio e l’immagine esterna dell’ufficio; b) ad una condotta all’interno dell’ufficio che, nella sua sistematicità e reiterazione, pregiudichi ogni ulteriore proficua permanenza nella sede; c) a situazioni di conflittualità palesi e/o latenti con l’ambiente di lavoro, che pregiudichino ogni ulteriore proficua utilizzazione del dipendente nella sede di assegnazione, anche per il pregiudizio che ciò arreca alla funzionalità dell’ufficio. (…). La natura ampiamente discrezionale dell’atto di trasferimento per incompatibilità ambientale, impone all’Amministrazione un’adeguata e congrua motivazione sull’esistenza oggettiva dei fatti impeditivi della permanenza nella sede, sul nocumento che si riflette sulla funzionalità e prestigio dell’ufficio, nonché sul nesso di correlazione fra la situazione di grave conflittualità e la condotta tenuta dal dipendente” (Consiglio di Stato, sez.VI, 7 maggio 2009 n. 2824).
Stefania Fabris