Ammettere la proroga delle graduatorie di concorso pubblico ed escluderla per quelle di progressione interna in base al criterio della mera complessità procedurale e dei maggiori tempi tecnici necessari per lo svolgimento dei concorsi ordinari, introduce una disparità di trattamento verso i soggetti interni dichiarati idonei, non prevista dalla legge.
Consiglio di Stato, sede giurisdizionale , sezione sesta, 5 marzo 2014, Presidente S. Baccarini, Estensore G. De Michele
Il caso
La vicenda nasce nel 2006 con la ridefinizione della dotazione organica e l’approvazione del piano occupazionale da parte di una camera di commercio. Tra le modalità di reclutamento si prevede, per la copertura di alcuni posti di categoria D, lo scorrimento dell’ultima graduatoria di selezione interna del 2004.
Un dipendente di qualifica inferiore, interessato a ricoprire uno dei posti di cat. D, impugna le deliberazioni in primo grado, contestando l’esistenza della graduatoria interna, mai pubblicata.
Peraltro, anche considerandola esistente, questa non sarebbe più valida, essendo spirato il termine di vigenza triennale nel 2007. Ciò, in quanto la proroga disposta dalle leggi nn. 311-2004 e 296-2006, per le graduatorie concorsuali ordinarie, non sarebbe applicabile alle graduatorie derivanti da procedure di interne.
Nel 2008, nonostante le doglianze del soggetto, l’ente, con apposita determina, dispone lo scorrimento e la stipula dei contratti con i primi 2 candidati idonei. Il ricorrente impugna quindi, con motivi aggiunti, anche tale atto.
Il Tar Puglia, Bari, sez III, con sentenza n. 45 del 14 gennaio 2013 ritiene il ricorso fondato e lo accoglie annullando gli atti impugnati e affermando che “le protrazioni dei termini di validità si riferiscono inequivocabilmente alle graduatorie destinate all’assunzione di personale, tramite reclutamento da effettuare, in base all’articolo 97 della Costituzione e all’articolo 35, c. 4, del d. lgs. n. 165-2001, con concorso pubblico”.
Più precisamente, la ratio della normativa sulle proroghe, nel quadro legislativo generale (recato dall’art. 3, l. n. 537-1993 e dall’art. 6, c. 21, l. n. 127-1997), è di evitare che procedure spesso lunghe, complesse e costose, come i concorsi pubblici, siano inutilmente avviate, senza essere utilizzate, anche in ragione dei ripetuti blocchi al turn-over. Ad avviso del Tar tale finalità risulta estranea alle procedure di selezione interna che si presentano invece di agevole e veloce svolgimento.
In secondo grado, i dipendenti interni, assunti nella categoria superiore, propongono appello al Consiglio di Stato contro l’originario ricorrente e la camera di commercio affermando:
- l’erroneità e la contraddittorietà della decisione del Tar, per carenza di interesse ad agire e difetto dei requisiti dell’originario ricorrente, il quale non avrebbe adempiuto all’onere di dimostrare il possesso il titolo di studio necessario per ricoprire i posti di categoria D;
- la validità temporale della graduatoria interna del 2004, alla luce della proroga fino al 31 dicembre 2008, disposta dall’art. 1, c. 100, della l. n. 311-2004 e dall’art. 1, c. 536, della l. n. 296-2006 delle graduatorie ordinarie, la quale andrebbe applicata anche alle procedure di progressione verticale, essendo queste ultime totalmente assimilate ai concorsi per il reclutamento di personale nella pubblica amministrazione, come ribadito dall’Adunanza della Commissione Speciale per il Pubblico Impiego presso il Consiglio di Stato del 9 novembre 2005.
La sentenza
Il Consiglio di Stato ritiene l’appello fondato e lo accoglie.
In particolare, esso ricorda che, nel caso in esame, l’interesse ad agire è riconducibile all’annullamento della procedura di assunzione tramite scorrimento di graduatoria interna, anziché mediante l’indizione di un nuovo concorso pubblico.
Tale interesse richiede tuttavia, che il soggetto che intende partecipare al suddetto concorso (nel caso di specie illegittimamente non avviato), possegga il titolo di studio idoneo per ricoprire il posto in quanto il bene della vita che il giudice è chiamato a tutelare sono le “chances” di superamento della procedura concorsuale per chi possa parteciparvi.
Ciò premesso, nel caso in trattazione, il ricorrente non ha provato il possesso del requisito dei titolo di studio con conseguente fondatezza della prima censura in ossequio alla posizione della giurisprudenza maggioritaria secondo cui è inammissibile il ricorso proposto da chi non dimostra una posizione differenziata legittimante (Consiglio di Stato, sez. V, 20.12.2011, n. 6689; sez. IV, 14.2.2012, n. 703, 16.5.2011, n. 2955, 16.9.2011, n. 5227, 18.6.2009, n. 4004 e 18.6.2008, n. 3033; cfr. anche art. 64, comma 1, d.lgs. n. 104-2010).
Infine, in riferimento alla improrogabilità delle graduatorie interne, il Consiglio di Stato non condivide la sentenza di primo grado.
Più precisamente, ad avviso del collegio, l’impostazione della “consolidata giurisprudenza” che riconduce alla cognizione del giudice amministrativo le controversie inerenti le selezioni verticali di passaggio da un’area all’altra e non anche quelle economiche orizzontali, impone di assimilare le prime procedure ai concorsi veri e propri per l’assunzione di dipendenti presso la pubblica amministrazione ex art. 63, c. 4, del d.lgs. n. 165-2001 (Consiglio di Stato, sez. V, 15.7.2013, n. 3799 e 21.6.2013, n. 3418; sez. III, 11.3.2013, n. 1449; Cass. civ. SS.UU. 6.5.2013, n. 10409).
Tale presupposto conduce ad assimilare le graduatorie interne ai concorsi pubblici anche per quanto riguarda la disciplina sulle proroghe recata dalle leggi nn. 311-2004 e 296-2006, in quanto trattasi, in ambedue i casi, di “assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche” in anni determinati.
Peraltro, l’art. 97 della Costituzione, nel prevedere come regola per l’accesso al pubblico impiego il concorso pubblico, fa salvi “i casi stabiliti dalla legge”, non escludendo forme concorsuali atipiche le quali, secondo il collegio, non consentono di introdurre discriminazioni per i soggetti dichiarati idonei in un concorso interno.
In particolare il passaggio ad una categoria superiore, comportando la novazione del rapporto di lavoro, di fatto costituisce un’“assunzione”, equipollente a quella disciplinata dall’art. 35 del d.lgs. n. 165-2001, mediante concorso pubblico.
Per tali ragioni l’istituto dello scorrimento va applicato anche alle graduatorie dei concorsi interni di tipo “verticale”, consentendo a candidati idonei di divenire vincitori e precludendo l’indizione di nuovi concorsi (salvo diverse disposizioni normative).
Ciò considerato, la disparita di trattamento circa la proroga tra le graduatorie dei concorsi pubblici ordinari e quelle interne in ragione della mera complessità ed ai maggiori tempi tecnici richiesti per primi, non è ammissibile (per il principio, Cassazione, sez. lavoro, 21.12.2007, n. 27126; SS.UU. 13.6.2011, n. 12895 e Consiglio di Stato, sez. VI, 6.3.2009, n. 1347).
Il collegio accoglie quindi l’appello e riforma la sentenza di primo grado.
La valutazione della sentenza
Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato interviene sull’annosa questione della prorogabilità delle graduatorie interne.
Va precisato che sul tema delle progressioni di carriera (ex progressioni verticali tra un’area contrattuale e l’altra) la dottrina ha, in passato, molto discusso sulla presenza o meno di una graduatoria. In particolare, da una parte, vi era chi sosteneva che non vi fosse una vera e propria graduatoria, in quanto esisterebbe un solo vincitore per i posti messi a selezione.
Dall’altra parte, vi è chi riteneva, diversamente, che da una procedura selettiva interna potesse derivare una vera e propria graduatoria da scorrere, anche successivamente.
Attualmente il quadro normativo della materia è dato dall’art. 62 del d. lgs. n. 150-2009 che, modificando l’art. 52, c. 1 bis del d. lgs. n. 165-2001, dispone che “le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso”. L’art. 24 del decreto n. 150 chiarisce la data di applicazione della nuova disciplina ovvero dal 1° gennaio 2010.
In sostanza le procedure interne sono oggi sostituite da veri e propri concorsi pubblici aperti all’esterno, cui riservare il 50 per cento dei posti ai soggetti già in ruolo nell’amministrazione, in possesso dei titoli richiesti.
Per quanto riguarda l’efficacia delle graduatorie concorsuali, la base normativa attuale è rappresentata dall’art. 35 del d. lgs. n. 165-2001, il quale dispone che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione.
Tale disposizione è stata, in più tempi, modificata, al fine di prorogare di volta in volta la validità delle graduatorie. L’ultimo intervento in proposito si deve all’art. 4, c. 4 del d.l. n. 101-2013 il quale proroga l’efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto, fino al 31 dicembre 2016.
Va precisato che l’art. 4, c. 3, lettera b) del decreto n. 101 dispone anche che “per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l’autorizzazione all’avvio di nuove procedure concorsuali, e’ subordinata alla verifica: […] dell’assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza”.
L’articolo non esclude espressamente le scorrimento delle graduatorie di selezione interna vigenti.
Per chiarire i dubbi applicativi è quindi intervenuta la circolare n. 5 del 21-11-2013 del Ministero della Funzione Pubblica la quale ha fornito gli indirizzi attuativi per il decreto n. 101 evidenziando l’esigenza di una lettura sistematica della norma sopra citata alla luce del d.lgs. “Brunetta” n. 150-2009.
In sostanza, secondo la funzione pubblica, alla luce di una lettura combinata dell’art. 4, c. 3, lettera b) del d.l. n. 101-2013 e dell’art. 52, c. 1 bis del d.lgs. n. 165-2001, “l’utilizzo delle graduatorie relative ai passaggi di area banditi anteriormente al 1° gennaio 2010, in applicazione della previgente disciplina normativa, è consentito al solo fine di assumere i candidati vincitori e non anche gli idonei della procedura selettiva”.
Peraltro, afferma la circolare, per l’individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione della norma del predetto comma 3, lettera b), può essere, altresì, indicativa la disposizione contenuta nel comma 4 dell’ articolo 4 del d.l. n. 101-2013 che proroga “l’efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato” con evidente esclusione delle graduatorie relative a concorsi non pubblici.
Analizzato il quadro normativo attuale, permangono quindi alcuni dubbi circa la posizione assunta dal Consiglio di Stato nel caso in esame.
In particolare la pronuncia ammette l’assunzione di soggetti classificati in esito a una procedura di selezione interna, nonostante questi non siano i vincitori della stessa ma solo “idonei”, in difformità dall’interpretazione autentica del d.l. n. 101-2013, data dal legislatore con la circolare n. 5-2013.
Probabilmente, trattandosi di una decisione di assunzione risalente al 2008, precedente al d.l. n. 101, il giudice di secondo grado ha inteso far salve le posizioni acquisite dai soggetti dichiarati idonei prima dell’emanazione della nuova normativa la quale si pone oggi in aperto contrasto con le precedenti modalità di reclutamento “interne” adottate dalla pubblica amministrazione.
di Simonetta Fabris