Il sistema dei controlli, interni ed esterni, degli enti locali, è stato ridisegnato dall’art. 3, comma 1, lettere d) ed lett. e)  del Decreto Legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 dicembre 2012, n. 21.
E’ rimasto invariato, invece, il controllo sugli organi, eccezion fatta per le ipotesi di scioglimento del consiglio ex art. 141, comma 2, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), esteso ad altre due fattispecie: a) mancata attivazione dei controlli interni nei termini di legge; b) non approvazione del rendiconto di gestione nei termini di legge.
L’intervento legislativo cerca di porre rimedio al ritardo accumulato dai comuni e dalle province nell’attivazione dei controlli interni previsti dall’art. 147 del TUEL. Molti enti, infatti, sono rimasti inerti e non hanno effettuato le scelte metodologiche necessarie per rendere operativi nel loro ordinamento i controlli interni. Altri si sono limitati all’adempimento formale, senza riuscire ad utilizzare le verifiche interne per le finalità sostanziali di supporto alla gestione e allo svolgimento delle attività amministrative. Pochi enti sono riusciti a centrare l’obiettivo e dispongono delle informazioni utili per verificare la correttezza, l’efficacia, anche qualitativa, e l’efficienza dei servizi erogati e delle prestazioni fornite.
La riforma del D.L. n. 174 e, per aspetti diversi, la recente L. 190 sull’anticorruzione in vigore dal 28 novembre 2012, tentano di fornire gli strumenti per controllare il ciclo della spesa,  evitare l’uso distorto di denaro pubblico e arginare il fenomeno della corruzione, riportando al centro dell’attenzione, essenzialmente, due temi:
1) la legalità;
2) gli equilibri complessivi di bilancio come uno degli elementi di garanzia del rispetto dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva.
Il sistema dei controlli su comuni, province e città metropolitane, fortemente incrementato dalla riforma del 2012, prevede:

a) la valorizzazione dei controlli interni, obbligatori e differenziati per dimensione demografica degli enti, da svolgere in modo adeguato con strumenti e metodologie scelti dagli stessi enti per ciascuna delle tipologie definite con legge statale, con la previsione di gravi sanzioni in caso di  assenza o inadeguato funzionamento;

b) i controlli esterni sulla gestione della Corte dei conti, indirizzati alla verifica del situazioni suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico – finanziari degli stessi enti e, di conseguenza, di tutta la finanza pubblica (obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, vincolo in materia d’indebitamento  ex articolo 119 Cost., sostenibilità dell’indebitamento, assenza di irregolarità).

Il Decreto Legge  n. 174, del 2012 ha confermato, in generale, l’impianto in materia di controlli del TUEL, riportandolo però al più ampio contenuto del disegno di legge sulla Carta delle autonomie all’esame del Senato, che, come è noto, propone un’implementazione del sistema anche se, in via  obbligatoria, solo per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti (art.24) .

L’art. 3, comma 1, del decreto legge n. 174, alle lettere dalla d) alla e), in particolare, sostituisce l’art. 147 del TUEL sui controlli interni con cinque nuovi articoli, da 147 a 147 quinquies, e l’art. 148 dello stesso testo unico sui controlli esterni con due articoli, il 148 e il 148 bis.

Nel nuovo elenco delle tipologie di controllo interno non compare più la valutazione delle prestazioni dei dirigenti, regolamentata in modo puntuale con le disposizioni sul “merito” del D.Lgs. n. 150 del 2009, di riforma del lavoro pubblico, i cui principi devono essere recepiti anche da parte degli enti locali. Nel catalogo dei controlli interni debuttano, invece, altre attività di verifica, alcune limitate, però, per i primi anni ai soli enti di grande dimensione e sempre esclusi per quelli di modeste dimensioni (100.000 ab. in sede di prima applicazione; 50.000 per il 2014 e 15.000 ab. a decorrere dal 2015).
Sono rafforzati il controllo esterno della Corte sulla gestione e, al verificarsi di predefiniti casi sintomatici di squilibrio finanziario, quello del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Mentre il TUEL nella sua formulazione originaria si limitava alla mera definizione delle tipologie dei controlli interni, a dettare pochi principi e a stabilire alcune regole sull’istituto del controllo di gestione e sui pareri da rendere sulle proposte di deliberazioni, valorizzando così l’autonomia organizzativa dei comuni e delle province, la riforma introdotta dal decreto – legge in esame è talmente  puntuale da finire col ridimensionare l’autonomia organizzativa degli enti locali.
Le nuove disposizione degli articoli dal 147 al 147 quinquies, infatti, definiscono in modo assai più rigoroso del passato i contenuti delle diverse forme di controllo, individuano i soggetti responsabili della loro direzione e i destinatari, anche interni, delle relative informazioni, e, soprattutto, le collegano, in modo forte, con i controlli della Corte dei conti. Ne risulta uno schema abbastanza rigido e formale, forse in linea – bisogna evidenziarlo –  con la nuova formulazione degli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, sul pareggio di bilancio e sul divieto di indebitamento se non per eventi eccezionali e nei limiti definiti dalla stessa legge di bilancio, introdotta, con efficacia dal 1° gennaio 2014, dalla legge costituzionale n. 1 del 2012.
E’ opportuno evidenziare che il D.L. n. valorizza il ruolo di indirizzo e di controllo politico – amministrativo del consiglio, chiamato non solo a progettare, con regolamento, gli strumenti e le modalità di controllo interno, ma anche a verificarne la loro attuazione entro termini predefiniti, sotto pena del suo scioglimento ai sensi dell’art. 141, comma 2, del TUEL, e a valutare l’adeguatezza del loro funzionamento, sotto pena di pesanti sanzioni pecuniarie per gli amministratori.
Risultano del pari valorizzate le figure del direttore generale per l’intero sistema dei controlli; del segretario comunale e provinciale per quanto concerne il controllo di regolarità e, in mancanza della figura del direttore generale, anche per quello strategico, e del responsabile del servizio finanziario per i nuovi controlli sugli equilibri di bilancio e sulle società partecipate.
Sarebbe stato rispettoso dell’autonomia organizzativa delle autonomie locali, lasciare a ciascun ente – si ribadisce – la possibilità di individuare almeno i soggetti cui affidare la direzione e la responsabilità dei controlli interni.
La riforma del 2012 conferma la regola dettata dall’originario testo dell’art. 147 del TUEL secondo cui i controlli interni devono essere ordinati secondo la distinzione fra funzioni di indirizzo e  compiti di gestione, in conformità al più generale principio della distinzione dei ruoli fra vertice politico e vertice burocratico. Elimina, invece, la previsione delle strutture di consulenza e di supporto presso i comitati provinciali per le pubbliche amministrazioni, di cui si sarebbero potuti avvalere gli enti locali secondo il previgente ordinamento, ma di fatto mai attivate.
Come si è detto, la riforma cerca di trovare, con il rafforzamento dei controlli esterni della Corte dei conti sulla gestione e l’introduzione di verifiche semestrali su relazioni fornite dagli stessi enti controllati, forti momenti di collegamento dei controlli interni a quelli esterni, specie per quanto riguarda la legalità e gli aspetti finanziari rilevanti ai fini del coordinamento della finanza pubblica.
Il D.L. n. 174  introduce alcune modifiche alla disciplina sanzionatoria e premiale degli enti territoriali introdotta dal D.Lgs. n. 49/2011, con riguardo in particolare alla relazione di fine legislatura prevista dal medesimo decreto per le regioni e gli enti locali, per la quale si prevede la trasmissione anche alla Corte dei conti. E introduce, per le regioni e per gli enti locali, anche la relazione di inizio mandato. Tali relazioni, iniziale e finale, altro non sono che delle certificazioni sulla situazione finanziaria e patrimoniale e sugli equilibri di bilancio, in modo che siano certe le imputazioni delle eventuali responsabilità.
2.  Le tipologie dei controlli interni

Per i comuni e le province sono previste, in particolare, sei tipologie di controllo interno, ognuno con contenuti e finalità diversi, di cui le ultime tre obbligatorie solo per gli enti di grossa dimensione demografica:
a) controllo di regolarità amministrativa e contabile: è la forma di controllo più tradizionale, finalizzata a garantire la razionalità giuridica dell’azione amministrativa, e cioè la sua legittimità, regolarità e correttezza, da affidare al segretario dell’ente;
b) controllo di gestione: serve a verificare l’efficacia, l’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, con la finalità di migliorare, anche attraverso tempestivi interventi correttivi, il rapporto fra risorse impiegate e risultati e tra obiettivi ed azioni realizzate, in modo da aumentare la razionalità economica dell’organizzazione;

c)  controllo sugli equilibri di bilancio: investe la gestione di competenza, dei residui e di cassa, ed è finalizzato alla  realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal patto di stabilità interno, mediante il coordinamento e la vigilanza del responsabile del servizio finanziario e il controllo da parte dei responsabili dei servizi;

d) controllo strategico: è lo strumento a supporto degli organi di governo degli enti, finalizzato a verificare l’adeguatezza del programma operativo rispetto a quello strategico progettato dagli stessi organi di governo;
e) controllo sulle società partecipate non quotate, con lo scopo di verificare , attraverso l’affidamento ed il controllo dello stato di attuazione di indirizzi ed obiettivi gestionali, la redazione del bilancio consolidato, l’efficacia, l’efficienza ed economicità degli organismi gestionali esterni all’ente;

f) controllo sulla qualità dei servizi, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni.

Le province e i comuni, nell’esercizio dell’autonomia normativa e organizzativa costituzionalmente garantita (artt. 114 e 117, comma 6, Cost), hanno il compito di individuare gli strumenti e le metodologie per le diverse tipologie di controllo interno, adeguando i propri ordinamenti alla disciplina generale dei controlli interni stabilita  dagli articoli dal 147 al 147 quinquies del TUEL.

Il comma 2 dell’art. 3 del D.L. n. 174, demanda alla competenza del Consiglio di adottare un apposito regolamento sui controlli e obbliga gli enti a renderli operativi entro il 10 gennaio 2013, con comunicazione al Prefetto e Corte dei Conti. In caso di inerzia, il Prefetto è tenuto a invitare l’ente all’adempimento dell’obbligo entro sessanta giorni, con la conseguenza che, decorso tale termine, il prefetto inizia la procedura di scioglimento dell’ente locale, ai sensi dell’articolo 141, comma 1, del TUEL.
Per completezza, occorre considerare anche il D.lgs. n. 150/2009 per quanto riguarda i sistemi di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale: gli enti locali avrebbero dovuto adeguare i loro ordinamenti ai principi sul ciclo di gestione della performance di cui al Titolo II del D.lgs. n. 150/2009, entro il 31 dicembre 2010, in quanto, con la riforma del 2009, il merito e la premialità sono materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e le relative disposizioni previsione dal Titolo III del D.Lgs. n. 150 non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e sono inserite di diritto nei contratti collettivi.  Sono principi generali cui devono adeguarsi anche gli ordinamenti degli enti locali, in particolare, l’obbligo di misurare e valutare la performance organizzativa e individuale, condizione necessaria per l’erogazione di premi legati al merito e alla performance, e di pubblicizzare le relative informazioni (art. 3); l’obbligo di sviluppare il ciclo di gestione della performance e di utilizzare sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito; la rendicontazione dei risultati agli organi d’indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle amministrazioni, nonché ai cittadini (artt. 4, 5, comma 2); l’adozione di un sistema di misurazione e valutazione della performance (art. 7).
Il D.L. n. 174 cerca di semplificare il sistema prevedendo che anche il piano della performance e il piano dettagliato degli obiettivi siano unificati nel piano esecutivo di gestione unitamente. (art. 3, c. 1, lett. g bis).

Federico Fontana e Giuseppe Panassidi


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