I dipendenti appartenenti all’universo delle società partecipate hanno potuto godere a lungo di benefit di stampo marcatamente aziendale – privatistico … Forse ci si è dimenticati troppo facilmente della provenienza pubblica delle retrostanti risorse finanziarie … Ma adesso il vento inizia a cambiare …

A) Niente più benefit d’auto promiscua

Il comma 3 del D.L. n. 95/2012, convertito con modificazioni nella L. n. 135/2012 e successive modificazioni, in attuazione di più generali obblighi di contenimento della spesa pubblica per esercizio di autovetture, obbliga, anche idipendenti delle società controllate, all’utilizzo delle autovetture di servizio eventualmente conferite in uso esclusivo, limitatamente alle esigenze di servizio dell’assegnatario.

Il successivo comma 4 prospetta la valutazione della violazione dell’obbligo in sede di azione di responsabilità (come minimo disciplinare).

Inoltre, l’art. 1, comma 3 del D.L. n. 101 del 31 agosto 2013, convertito con modificazioni nella L. n. 125 del 30 ottobre 2013, ha ribadito i vincoli appena delineati, sanzionando gli atti adottati in violazione degli stessi  con la nullità, l’automatica commissione di illecito disciplinare (superando la più soft mera valutabilità), l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria – a carico del responsabile della violazione – da un minimo di mille ad un massimo di cinquemila euro.

Il corollario scontato e naturale di questo assetto normativo è dato dal venir meno dell’epoca dell’utilizzo “promiscuo” di siffatte autovetture (ove per promiscuo, si intende l’utilizzo anche a fini privati, estranei al rapporto di lavoro) e del correlato accollo delle spese globali di esercizio (rifornimento carburante, assicurazione, bollo di circolazione, manutenzione, ecc.) in capo alla società – datrice di lavoro.

Il venir meno del beneficio, usualmente concesso e concepito quale integrazione economica di carattere salariale, non può essere compensato dal riconoscimento di equivalenti somme forfettarie o periodiche, seppur previste da specifiche norme della Contrattazione Collettiva Nazionale di Lavoro del Comparto di riferimento, sicuramente travolte dalla potestà espansiva della legge sugli ambiti del CCNL (nel nostro ordinamento, difatti, non esiste una riserva costituzionale di CCNL; pertanto, la legge si espande e si ritrae liberamente sui contenuti di pertinenza del medesimo). Colto in altri termini, il riconoscimento del beneficio compensativo sarebbe elusivo di specifiche norme imperative di legge.

Per di più, siffatto riconoscimento sbeffeggerebbe il sistema ordinamentale di progressiva uniformazione del trattamento economico dei dipendenti delle società partecipate a quello dei dipendenti (immediati e diretti) degli enti locali, assolutamente scevro da questa agevolazione.*

B) Si riducono i margini della contrattazione collettiva

In forza dell’art. 1, comma 557 della Legge di Stabilità 2014, gli obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci retributive vigenti per il personale delle pubbliche amministrazioni locali, devono estendersi anche al personale delle derivate società partecipate o controllate, che siano affidatarie dirette di servizi senza gara o svolgano funzioni preordinate a soddisfare esigenze di interesse generale, non rivestenti carattere industriale o commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto  di funzioni amministrative di natura pubblicistica.

La contrazione in argomento riguarda, in particolare, i valori di retribuzione tabellare ed accessoria.

La modalità di attuazione del restringimento non è automatica: occorre, difatti, un atto d’indirizzo promanante dall’ente controllante, deputato a permeare la contrattazione decentrata integrativa aziendale di secondo livello, sede effettiva, vera e propria, del “taglio”, rectius dell’impossibilità d’incremento rispetto a precostituite basi economiche di partenza (o meglio, di approdo definitivo, tombale!).

Va, ad ogni modo, salvaguardata la Contrattazione Collettiva Nazionale di Lavoro vigente alla data del 1 gennaio 2014 (c.d. salvaguardia dei diritti acquisiti): restano, quindi, operativi gli aumenti contrattuali previsti da CCNL approvati in data antecedente all’entrata in vigore dell’ultima Legge di Stabilità, seppur a rilascio prolungato/differito/successivo. D’altronde, si tratta di aumenti modesti per definizione, maturati in un clima già consolidato di congelamento delle dinamiche retributive.**

Ovviamente, la salvaguardia non è abilitata a ricomprende le speciali prescrizioni di legge di cui al paragrafo precedente.

Negli altri casi (quelli delle società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica), dato che la relativa spesa di personale concorre ugualmente al rispetto dei vincoli di finanza pubblica assunti per l’ente locale di riferimento, la fattispecie è proceduralizzata in maniera meno invasiva, ma comunque sussiste a livello essenziale: spetta, infatti, proprio al pertinente ente locale, nell’ambito dei poteri di direzione e controllo riconosciutigli dall’ordinamento***, assicurare il rispetto del tetto complessivo di spesa prescritto a livello consolidato per il personale di gruppo, anche attraverso l’imposizione “coatta” del contenimento delle dinamiche retributive individuali e collettive dei dipendenti in argomento.

La modalità di azione, all’uopo, approntata dalla giurisprudenza contabile, è scansionabile nelle seguenti fasi:

1)  elaborazione/attivazione, in simbiosi tra ente locale partecipante e società partecipata, di regolamento interno della società partecipata, che, sfruttando i margini di discrezionalità profferti dalla CCNL d’appartenenza della società, consenta …;

2)    di incidere riduttivamente su valori tabellari ed accessori, premi individuali e collettivi, lavoro straordinario e indennità per specifiche mansioni.****

C) Si dilatano gli obblighi di trasparenza

In data 13 febbraio 2014, l’oramai ex Ministro della Pubblica Amministrazione e della Semplificazione, Giampiero D’Alia, ha firmato e trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione, una circolare d’interpretazione “estensiva” delle norme in materia di trasparenza ed integrità delle pubbliche amministrazioni, contenute nel D. Lgs. n. 33/2013.

L’ “estensione” riguarda i dirigenti e i consulenti delle società partecipate, che si vedranno “costretti” a pubblicare sui siti ufficiali delle società i compensi percepiti, oltre  alle dichiarazioni sulla insussistenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità rispetto agli incarichi ricoperti, analogamente a quanto già accade per i dirigenti pubblici.

In realtà, nulla di troppo nuovo, in quanto questa dinamica è “in nuce” al testo legislativo, sia pure attraverso la tecnica del rinvio recettizio (dall’art. 22, comma 3, coinvolgente gli enti derivati, all’art. 15, concernente i dirigenti pubblici e i loro stipendi).

La pubblicazione di questi dati “freschi” sarà altresì investita da un effetto “domino”, quello del link di collegamento ai siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni proprietarie.

La ratio retrostante alla “presa di posizione” dell’ex Ministro, sta nel riconoscere alla trasparenza, intesa come accessibilità totale alle informazioni sull’organizzazione e sulle attività delle società, il “valore aggiunto” della migliore valutabilità esterna degli indici di rischio da “contatto” qualificato con le società medesime.

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* Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per la regione Lombardia, deliberazione n. 28 del 23 gennaio 2014.

**Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per la Liguria, deliberazione n. 15 del 5 marzo 2014.

*** Da ultimo, con il D.L. n. 174/2012, convertito con modificazioni nella L. n. 213/2012, che ha introdotto, sia pure progressivamente, l’obbligo di approntamento di un esplicito sistema di controlli sulle società partecipate, incombente sull’ente locale partecipante.

****  Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per la regione Lombardia, deliberazione n. 22 del 17 gennaio 2014.


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