L’IMU costituisce nuovo e differente tributo rispetto all’ICI .

 (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, sentenza 5 agosto 2013, n.1771, Pres. L. Costantini, Est. E.d’Arpe.

Il fatto

Il Comune resistente ha affidato, in seguito a gara pubblica, ad una Società di diritto privato la riscossione dell’imposta comunale sugli immobili.

Il predetto contratto, all’art. 9, prevede che «la concessione si intende risolta ipso iure, senza l’obbligo di pagamento da parte dell’Ente di alcuna indennità o compartecipazione, qualora, nel frattempo, nuovi provvedimenti legislativi dovessero abolire l’oggetto della concessione o sottrarre ai comuni la relativa gestione».

Con l’introduzione dell’imposta municipale propria, avvenuta con gli artt. 8 e 9, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e art. 13, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214(2), il Comune ha deciso di revocare l’affidamento della concessione, applicando il citato articolo 9 del contratto.

La Società affidataria, quindi, ha adito la Giustizia amministrativa, al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto a proseguire la gestione del servizio sino ad allora effettuato, la condanna del Comune a consentire la prosecuzione del servizio svolto e l’annullamento di ogni atto presupposto.

La sentenza

La Sentenza si presenta particolarmente interessante per le argomentazioni proposte dall’autorevole Collegio, ancorché non pienamente condivisibili.

La soluzione del nodo problematico deve essere cercata nel confronto tra l’imposta municipale propria e l’imposta comunale sugli immobili, al fine di stabilire se esse siano due imposte completamente diverse tra loro o se sussista un vincolo di continuità.

Infatti, nel primo caso ci si troverebbe dinanzi ad un provvedimento legislativo (quello che ha introdotto l’imposta municipale propria) che ha abolito l’oggetto della concessione (imposta comunale sugli immobili).

Secondo la ricostruzione del Tribunale amministrativo, gli artt. 8 e 9 del d.lgs. 23/2011 e l’art. 13, d.l. 201/2011 hanno introdotto un nuovo tributo, donde il verificarsi dell’ipotesi «di decadenza automatica della concessione contemplata dal soprariportato art. 9 del contratto, [omissis], costituita dalla sopravvenienza di nuovi provvedimenti legislativi statali che hanno abolito l’oggetto della concessione medesima».

Sempre secondo il T.A.R., inoltre, «non vi è dubbio, poi, che l’I.M.U. e la TARES costituiscano nuovi e differenti tributi comunali (rispetto all’I.C.I. ed alla T.A.R.S.U.)».

A sostegno della propria posizione, i Giudici affermano che l’imposta municipale propria – a regime – sostituisce, per la componente immobiliare, l’i.r.pe.f. e le relative addizionali, oltre all’i.c.i.. Questa tesi, poi, troverebbe conferma anche nella deliberazione Deliberazione. n. 98 del 21 novembre 2012(3) dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, Lavori e Servizi.

La valutazione della sentenza

La conclusione tratta dal Giudice amministrativo in modo così netto e assoluto, non pare estremamente persuasiva o, quantomeno, meritava di essere trattata più approfonditamente.

La disciplina dell’imposta municipale propria è, indiscutibilmente, successiva a quella dell’imposta comunale sugli immobili.

Ciononostante, non si può nascondere come la prima operi un costante e copioso rinvio alle norme che disciplinano la seconda.

Il presupposto dei due tributi è pressoché il medesimo, la base imponibile dell’imposta municipale propria si calcola secondo le norme dettate per l’imposta comunale sugli immobili (con la sola differenza che per l’i.m.u. si deve applicare, poi, un moltiplicatore a seconda della tipologia di immobile), le esenzioni in materia di imposta municipale sono indicate mediante rinvio alle esenzioni già dettate in materia di imposta comunale, la soggettività passiva e attiva coincide nei due tributi, la competenza per la determinazione delle aliquote spetta in entrambi i casi al Consiglio Comunale(4) e, infine, per accertamento e riscossione si applicano le medesime disposizioni contenute nella c.d. Finanziaria 2007(5). Un orientamento contrario a quello adottato dal Giudice pugliese è sostenuto, per altre questioni, da T.A.R. Lombardia, Brescia, Sent. 7 novembre 2013, n. 945 secondo il quale l’i.c.i e l’i.m.u. sono tributi «identico impianto tecnico e concettuale».

Peraltro, a sostegno della tesi contraria a quella perorata dall’autorevole Consesso, si può valorizzare proprio quanto dagli stessi affermato: «Basti sottolineare (tra le tante diversità) il fatto che, da un lato, (ai sensi dell’art. 8 primo comma del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23) l’I.M.U. (a regime) sostituisce […] l’I.C.I.». Orbene, l’utilizzo del verbo sostituire, da parte del legislatore, lascia intendere l’esistenza di una continuità tra la vecchia disciplina e quella nuova, soprattutto considerato che la normativa sull’imposta comunale non solo non è stata abrogata ma, come visto, è fonte di riferimento anche per l’imposta municipale propria.

Quindi, sussistono ragionevoli motivi per ritenere che, almeno ai fini dell’imposta municipale, non sussista una notevole differenza tra le due forme impositive.

Infine, una chiosa merita di esser fatta circa il parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture citata dal T.A.R..

La fonte citata, in realtà, si limita ad affermare in modo apodittico una diversità tra le due imposte, senza addurre alcuna motivazione circa la posizione assunta(6) .

Alla luce di queste considerazioni, si ritiene di poter assumere una posizione di distacco rispetto alla pronuncia, ma solamente nella misura in cui assume una conclusione perentoria circa l’asserita (e, apparentemente, indiscutibile) differenza tra l’imposta comunale sugli immobili e l’imposta municipale propria.

Alessio Scaglia, cultore della materia di diritto tributario.

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(1) Per il vero, la pronuncia si occupa anche della differenza tra TA.R.S.U e TA.RE.S.. La questione, tuttavia, non merita di essere esaminata oltre, considerata l’intervenuta abrogazione della TA.RE.S. da parte dell’art. 1, c. 704, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (c.d. Legge di stabilità). Nel caso in esame le questioni sono trattate sempre parallelamente. In questa sede ci si concentrerà e ci si riferirà solamente all’i.c.i. e all’i.m.u..

(2) Per brevità, di seguito, i provvedimenti normativi citati verranno indicati semplicemente come d.lgs. 23/2011 e d.l. 201/2011.

(3) Consultabile sul sito www.avcp.it.

(4) Sia l’art. 8, c. 5, d.lgs. 23/2011 sia l’art. 13, c. 6, d.l. 201/2011 prevedono che l’aliquota sia stabilita dal Consiglio comunale. La disciplina indicata si pone in contrasto con quanto sancito in via generale dall’art. 42, c. 2, lett. f), d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (c.d. T.U.E.L.), che esclude dalla potestà del Consiglio comunale la determinazione delle aliquote. Sul punto si veda A. Scaglia, L’imposta municipale propria sperimentale e a regime. Dagli artt. 8 e 9 D. Lgs. 23/2011 all’art. 13, d.l. n. 201/2011, II edizione, Exeo Edizioni, pubblicato il 20.09.2012, p. 210; P. Piciocchi C. Gambino, L’imposta comunale sugli immobili e la nuova imposta municipale propria (1993-2013), Dir. e Prat. Trib., 2013, 3, p. 567.

(5) In particolare, si tratta dell’art. 1, commi da 161 a 170, l. 27 dicembre 2006, n. 296.

(6) Peraltro, nella deliberazione in parola si riscontra un refuso nella nota n. 1, dove si afferma che il pagamento dell’imposta municipale propria è effettuato esclusivamente con modello F24. L’art. 13, c. 12, d.l. 201/2011, infatti, prevede che l’imposta possa essere pagata anche mediante bollettino postale. La disposizione ora citata è entrata in vigore nell’aprile del 2012 e la delibera dell’Autorità risale al 21 novembre 2012. Si deve dare atto, tuttavia, che con provvedimento del 12 aprile 2012 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il pagamento dell’imposta municipale potesse avvenire esclusivamente mediante modello F24. Ad ogni modo, questo provvedimento doveva essere interpretato con la dovuta cautela, posto il chiaro tenore letterale della legge. A tal proposito, si osservi che, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 23 novembre 2012, è stato approvato il modello di bollettino per il pagamento dell’i.m.u.: in altre parole, al momento dell’emanazione della deliberazione, l’Autorità aveva sicuramente cognizione dell’imminente approvazione di tale modello di bollettino.


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