Il recente decreto legge 31 agosto 2013, n. 101 recante “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni” contiene una pluralità di norme destinate, nel loro complesso, da un lato, a migliorare gli equilibri di finanza pubblica e, dall’altro lato, a favorire il perseguimento di crescenti condizioni di efficacia ed efficienza.
Secondo la relazione di accompagnamento, in particolare, è necessario che gli interventi sul piano organizzativo e funzionale, ispirati ad un più corretto utilizzo delle risorse finanziare, vadano in parallelo con misure di razionale programmazione del fabbisogno di risorse umane e corretta gestione delle stesse.
All’interno del provvedimento si registrano, tuttavia, una serie di interventi riguardanti il personale delle società partecipate, individuate come ulteriore leva su cui incidere per perseguire i ricercati obiettivi di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni, di cui costituiscono emanazione.
La prima novità da segnalare (contenuta nell’art. 2) concerne l’introduzione (dal 2014) dell’obbligo di trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze “il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con il predetto Dipartimento della Funzione Pubblica”.
Tale adempimento, invero, non è del tutto nuovo dell’ordinamento, essendo già disciplinato dall’art. 60 del D.Lgs. 165/2001 che, tuttavia, lo limitava a determinate fattispecie.
Ora, invece, il provvedimento approvato esplicitamente pone tale obbligo a carico delle “società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate”, ovvero alle società controllate da amministrazioni pubbliche indicate nell’apposito elenco ISTAT.
E’ utile rimarcare, in proposito, la significativa estensione del perimetro di applicazione di tale disposizione, considerando che comprende le società partecipate (quindi non necessariamente a controllo pubblico) dalle richiamate amministrazioni pubbliche sia direttamente sia indirettamente.
In secondo luogo, è introdotto un particolare regime di mobilità per il personale delle società controllate dalle medesime pubbliche amministrazioni, anche indirettamente (con eccezione delle realtà societarie che hanno emesso strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e delle società dalle stesse controllate), allo scopo fornire uno strumento di flessibilità organizzativa per realizzare la migliore allocazione e distribuzione del personale.
Si prevede così, infatti, che tali società possano realizzare, sulla base di un accordo tra di esse e senza necessità del consenso del lavoratore, in caso di eccedenza di personale o per esigenze di razionalizzazione, processi di mobilità di dipendenti (anche già in servizio), in relazione al proprio fabbisogno, ovviamente con la preclusione di mobilità verso la pubblica amministrazione.
Si richiede la previa informativa alle rappresentanze sindacali operanti presso la società ed alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo da essa applicato, in coerenza con il rispettivo ordinamento professionale e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
Va sottolineato, però, che, nei casi in cui è possibile, la mobilità tra partecipate implica un ruolo particolarmente attivo dell’ente controllante, che è chiamato ad adottare apposite iniziative per tendere alla razionalizzazione della distribuzione del personale nell’ambito del gruppo pubblico al cui vertice è collocato.
Da un lato, come detto, un presupposto è costituito dalle esigenze di riorganizzazione delle funzioni e dei servizi esternalizzati oltre che di razionalizzazione delle spese e di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali.
In questo caso, è stabilito che gli enti che le controllano adottino appositi atti di indirizzo volti a favorire, prima di avviare nuove procedure di reclutamento, l’acquisizione di personale mediante le previste procedure di mobilità.
Dall’altro lato, un altro presupposto è rappresentato da possibili situazioni di “eccedenze di personale” ovvero di incidenza delle spese di personale in misura pari o superiore al 50% delle spese correnti (riferimento, quest’ultimo, non particolarmente appropriato alla luce del modello contabile utilizzato dalle partecipate).
In questa ipotesi, si impone l’invio, da parte degli organismi partecipati, di un’informativa preventiva alle rappresentanze sindacali contenente il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale in eccedenza. Tali elementi sono altresì comunicati al Dipartimento della Funzione Pubblica (alla luce dei passaggi successivi previsti è da ritenere che la trasmissione delle informazioni debba avvenire anche a favore dell’ente).
Nei successivi 10 giorni si procede, a cura dell’amministrazione controllante, alla ricollocazione totale o parziale del personale in eccedenza nell’ambito della stessa società mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro ovvero presso altre società controllate dal medesimo ente con le modalità evidenziato con riferimento alla prima casistica.
In alternativa, sentite le organizzazioni sindacali, la ricollocazione è consentita anche in società controllate da enti diversi, comprese nel medesimo ambito regionale, previo accordo tra gli enti e le medesime società.
Eventualmente, è anche possibile realizzare forme di trasferimento in mobilità dei dipendenti in esubero presso altre società dello stesso tipo, operanti anche al di fuori del territorio regionale, previa conclusione di accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Infine, è da segnalare che, per garantire e favorire le descritte forme di mobilità, è pure prevista una rilevante possibilità, destinata ad incentivare la redistribuzione del personale tra le partecipate.
In tale contesto, infatti, le società possono anche farsi carico, per un periodo massimo di 3 anni, di una quota pari al 30% del trattamento economico del personale interessato, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
A titolo di ulteriore incentivo, questa volta di natura fiscale, è altresì stabilito che le somme (a tale fine) corrisposte dalla società cedente alla cessionaria non concorrano alla formazione del reddito imponibile ai fini Ires e Irap.
Federico Fontana – Marco Rossi