Anche gli enti locali commissariati sono tenuti ad adottare il Documento Unico di Programmazione.
Corte dei conti, sezione regionale per il controllo della Regione Basilicata, parere n. 58 del 15 ottobre 2015, Pres. R. Scalia, Est. V. Pinto
A margine
Il Documento Unico di Programmazione (art. 170 del d.lgs. 267/2000) (DUP) si pone come principale strumento di attuazione del “nuovo volto” del principio di programmazione introdotto dalla riforma del sistema contabile (ex dal d.lgs. 118/2011 e successive modifiche e integrazioni). Il DUP, porta a sistema un elemento di sostanziale novità, e cioè la “flessibilità” nel contenuto, misurato sulla realtà concreta dell’Ente, e la “rigidità” dei principi cui deve conformarsi, il tutto al fine di rendere l’attuazione del Principio di Programmazione effettivamente idonea al perseguimento di una sana gestione non solo “finanziaria” ma anche “funzionale” dell’Ente. Tale documento di programmazione, rientra nel ciclo fisiologico dell’agere amministrativo, costituendo un’attività ordinaria dell’Ente, funzionale ad identificare le linee strategiche dell’Ente, in uno alle risorse disponibili per portarle ad esecuzione, il tutto in un’ottica di effettiva sostenibilità economica e finanziaria delle scelte effettuate. Tutti i Comuni, ivi inclusi quelli di minori dimensioni (in questo caso, in forma semplificata ai sensi dell’art. 8.4 dell’Allegato 4/1 del d.lgs. 118/2011 introdotto dal DM del 20 maggio 2015), devono predisporre il DUP entro i termini prescritti, e ciò quale “atto presupposto indispensabile per l’approvazione del bilancio di previsione” (cfr. art. 170 TUEL). In quest’ottica, anche i Comuni gestiti in via temporanea da Commissari prefettizi (ma la regola è estensibile per analogia a tutte le forme di gestione temporanea o straordinaria degli enti locali) devono predisporre il DUP, in caso contrario, si arriverebbe allo stallo gestionale dell’Ente, con tutte le conseguenze a questo connesse, anche in termini di “svuotamento” della funzione che il Commissario prefettizio è istituzionalmente chiamato a svolgere. Si ricorda in proposito che – oltre le ipotesi specificamente previste ai sensi dell’art. 141 e ss TUEL- ai sensi dell’art. 19 del r.d. 383/1934, tutt’ora vigente (cfr. Consiglio di Stato, sent. 2765/2008), il munus del Commissario Prefettizio consiste proprio nel “compiere, in caso di ritardo od omissione da parte degli organi ordinari, atti obbligatori per legge o per reggerle qualora non possano, per qualsiasi motivo, funzionare”. Elemento essenziale di tale forma di governo “in sostituzione” è la sua “temporaneità”, ma non la diversa (e più limitata) perimetrazione dei poteri/doveri propri degli organi sostituiti. In questo senso non può assumere alcuna rilevanza la natura “politica” dell’organo/degli organi sostituiti, qualora tale “natura” si ponga come limite in nuce alla possibilità di garantire la continuità di funzionamento all’ente interessato.